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Manovra, europee e G20, i nuovi test di governo
Di Beatrice Telesio di Toritto
Mentre i partiti politici cominciano ad allinearsi per la campagna elettorale delle europee, la maggioranza si prepara ad affrontare un nuovo importante esame, che quest’anno si preannuncia molto difficile: la legge di bilancio. La Meloni nel vertice con i capigruppo ha spiegato lo scenario: i numeri della Nadef, la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, in pratica la cornice della prossima legge di stabilità, sono ancora fortemente in bilico e devono tenere conto di una serie di variabili. A partire dal livello di deficit, che potrebbe salire dal 4,5% al 5%, secondo un’anticipazione di Bloomberg, con un effetto di trascinamento sul 2024, con il deficit che potrebbe andare oltre il 3,7%. E con l’incognita legata al Superbonus che avrebbe già raggiunto, secondo le stime dell’Enea, gli 86 miliardi di crediti concessi.
Insomma, la strategia è solo una: restare uniti e compatti senza dare segnali di debolezza. Come farlo? Convincendo i partiti a ridurre al massimo le richieste già avanzate e che, secondo le ultime stime, si attesterebbero sui 35-40 miliardi di euro, a fronte di una disponibilità che, considerando anche le incertezze sull’esito della nuova imposta sugli extra-profitti delle banche, non supererebbe i 6-7 miliardi di euro. Per questo, Meloni ha insistito sulla necessità di una manovra “seria” che dia anche un segnale dell’affidabilità del Paese sui mercati. Un invito, quindi, a evitare di insistere sulle cosiddette misure di bandiera e guardare all’orizzonte della legislatura. Per esaudire le promesse elettorali c’è tempo.
La sostanziale compattezza delle forze di maggioranza ha smentito di fatto le voci di divisioni di cui si era parlato a inizio settimana dopo le dichiarazioni di Tajani sul futuro della partecipazione del Tesoro in MPS (“Dobbiamo accelerare la privatizzazione della banca”), alle quali erano seguite quelle di Freni, prima, e Giorgetti, poi, che stemperavano su modalità e tempistiche della fuoriuscita del Tesoro dalla governance del gruppo bancario. Una divergenza che aveva fatto ipotizzare una distanza tra Lega e il blocco FdI-FI, poi in realtà smentita dai fatti.
Sul fronte estero invece la premier Meloni si prepara a partecipare al G20 che si tiene in India, a Nuova Delhi, questo fine settimana. A dominare le discussioni del Summit sono le forti divergenze sulla guerra in Ucraina, la decarbonizzazione, i cambiamenti climatici e la ristrutturazione del debito mondiale. Il tutto però all’ombra di un incomodo quanto ragguardevole assente: annunciata infatti in questi giorni la mancata presenza al Summit del presidente cinese Xi Jinping che verrà sostituito dal suo premier Li Qiang. A dichiararsi particolarmente amareggiato da tale decisione il presidente americano Joe Biden che partecipa quindi al vertice con l’obiettivo di capitalizzare l’occasione di incontro e rafforzare alleanze in seno a blocchi aspramente divisi. Nonostante ciò, è probabile che l’assenza di Xi diminuisca l’importanza delle decisioni che saranno prese in capo alla riunione e potrebbe anche danneggiare gli sforzi del primo ministro indiano Narendra Modi di sfruttare il vertice per il rafforzamento dell’India nel sistema internazionale.
Questo G20 si preannuncia infatti come il più importante e atteso evento internazionale ospitato nel Paese. Ma gli sforzi del governo indiano di lasciare da parte le divisioni nell’affrontare questi temi e nel ridimensionare l’assenza del Presidente cinese sono state finora infruttuose nei meeting ministeriali.
Così come infruttuoso è stato l’incontro tenutosi lunedì a Sochi tra il presidente Russo Putin e quello turco Erdogan per il rinnovo dell’accordo sul grano, dallo scorso luglio non più in vigore. Niente spiragli di luce in quello che di fatto è il primo incontro in persona tra i due leader dopo quasi un anno. L’accordo non verrà rinnovato finché l’Occidente non acconsentirà al ritiro delle sanzioni contro Mosca e facilitare l’export dei prodotti russa, questa la posizione da cui Putin non sembra volersi muovere. Nonostante il fallimento dell’incontro, le trattative dovrebbero proseguire: è probabile infatti che a breve Erdogan incontri anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky per trovare una soluzione di compromesso e sbloccare così quelle risorse alimentari che sono essenziali per milioni di persone, soprattutto in Africa e Medio Oriente.