Che l’Africa continui a far gola ai big player internazionali (Stati sovrani e imprese multinazionali) è questione legata a strepitose risorse naturali e demografiche locali. L’ONU stima che nel 2050 il continente raggiungerà 2,5 miliardi di abitanti, di cui quasi un miliardo under 24. Nel 2050 un terrestre su quattro sarà africano. Un consumatore su quattro sarà africano. Fosse coesa politicamente l’Africa rappresenterebbe uno dei big fishes del panorama internazionale. Ma quanto sta facendo squadra per raggiungere questo obiettivo?
La corsa all’ingresso nel G20
L’Unione africana ha già compiuto 20 anni. Sono 55 paesi che puntano decisi a diventare membro effettivo del G20, fatto che spariglierebbe le carte degli attuali equilibri internazionali. L’idea di accogliere l’UA nel G20 nasce dal primo ministro indiano Narendra Modi, che in qualità di presidente di turno, ha invitato formalmente l’Unione Africana ad aderire al club dei Paesi più industrializzati al mondo. L’ex Organization for African Unity non ha perso tempo nel presentare candidatura formale lo scorso febbraio. Subito dopo è arrivato il pesante endorsement di Joe Biden, seguito da quello dell’Italia, nella persona del nostro ministro degli Esteri Antonio Tajani. Favorevoli all’ingresso africano nel G20: Unione Europea (già membro G20), Italia, Stati Uniti, Cina, Russia, India, Francia, Germania, Regno Unito, Brasile, Sud Africa, Indonesia e Giappone. Contrari: Arabia Saudita, Canada, Corea del Sud, Messico, Argentina e Turchia. Sull’ingresso dell’UA il prossimo summit G20 (Nuova Delhi, 9 settembre), sarà fondamentale. Il G20 inclusivo dell’Unione africana rappresenterebbe l’80% della popolazione mondiale, oltre l’85% del Pil globale e supererebbe la quota del 75% del commercio globale.
L’impasse nei rapporti con l’Ue
L’Africa e l’UE cooperano principalmente attraverso l’accordo di Cotonou siglato nel 2000 e scaduto nel 2020. La cosiddetta Convenzione post-Cotonou necessita dell’unanimità europea, e non sta ancora vedendo la luce a causa del no dell’Ungheria in sede di Consiglio, motivato dalla richiesta di norme più restrittive in materia di regolazione delle migrazioni. E’ un impasse non da poco a ormai pochi mesi dalle elezioni europee. D’altro canto non aiutano situazioni locali africane ancora da sbloccare che indeboliscono l’UA: giunte militari al potere nella regione del Sahel, Paesi in ricostruzione come la Libia che fatica anche solo a organizzare nuove elezioni o realtà sull’orlo della crisi finanziaria come la Tunisia. L’Unione Africana appare una realtà in fase di strutturazione interna, che ambisce a obiettivi internazionali ancora fuori portata.