Politica
Il capolavoro politico che si richiede alla Meloni sulla giustizia
Di Daniele Capezzone
Può benissimo darsi (anzi: è certo) che il ministro della Giustizia Carlo Nordio non dia il meglio di sé nei giochi di politics; che non sappia destreggiarsi tra trappole e trappolette mediatiche; che spesso confonda la libertà di espressione “convegnistica” di cui poteva godere prima di entrare a via Arenula con il regime di “sorveglianza” occhiuta e inflessibile a cui è oggi sottoposta ogni sua parola.
Ma ciò non toglie che il Guardasigilli sia – per distacco – il ministro più autorevole dell’attuale governo, e tra i pochi che Giorgia Meloni (gran merito!) abbia scelto fuori dalle classi dirigenti dei tre partiti di centrodestra.
Di più: la storia e le idee di Nordio ne fanno il più credibile riformatore (in potenza) della giustizia italiana. Perché non deve improvvisare – adesso – la ricerca di soluzioni: ne parla e ne scrive limpidamente da decenni.
È per questo che la premier è chiamata a un capolavoro politico. Da un lato, deve tutelare Nordio dai suoi odiatori di sinistra (e pure da quelli di destra: in qualche caso intercambiabili con gli altri). Dall’altro, deve convincere il Guardasigilli a un minimo di continenza verbale che deve però accompagnarsi a un massimo di produzione normativa riformatrice. Se non contribuisce ad accendere fuochi, è più probabile che porti a casa le riforme, in altre parole. Anche perché i tifosi dello status quo cercano esattamente questo esito: incendiare il clima per rendere impossibile qualunque cambiamento.
E qui sta il punto politico. La maggioranza non può permettersi di farsi imbrigliare dal “partito dei pm” e dalle sue propaggini mediatiche. Quindi, innanzitutto, occorre condurre in porto il primo “pacchetto giustizia”, che pure ha contenuti piuttosto circoscritti (abuso d’ufficio, traffico di influenze, ecc). Sarebbe paradossale, davanti a modifiche utili ma non cruciali, cominciare ad accettare veti, a subire ricatti e fuochi di sbarramento.
Dopo di che, occorre tempificare e varare il secondo pacchetto, quello che dovrà contenere la separazione delle carriere. Può essere politicamente accettabile che non si sia partiti da lì. Ma sarebbe una sconfitta se lì non si arrivasse.