Le reazioni alla proposta del segretario Pd Matteo Renzi di “tornare al Patto di Maastricht” e riportare il rapporto deficit/Pil al 2,9% sono l’indizio di quanto sia mutato in questi mesi il rapporto fra un governo nato per traghettare il Paese al voto anticipato e l’ex inquilino di Palazzo Chigi. Non stupisce allora se per il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan la proposta di Renzi sia derubricabile a mero spot elettorale, tanto più se in questa fase l’esecutivo Gentiloni può contare sul pieno appoggio del Quirinale e sull’assicurazione di una permanenza in carica fino alla fine della legislatura. Sulla stessa lunghezza d’onda si è mossa l’Unione Europea, con il portavoce del presidente Juncker a sottolineare che per Bruxelles le uniche proposte ricevibili sono quelle provenienti dai membri del governo e non da chi non è (più) in carica. È una stoccata che rassicura il duo Gentiloni-Padoan, garantendogli un importante margine d’autonomia dopo che per lungo tempo l’esecutivo guidato dall’ex ministro degli Esteri era stato bollato come semplice emanazione delle volontà renziane. Nel mentre il dibattito pubblico è letteralmente dominato dalla doppia sfida ius soli immigrazione, temi divenuti inestricabili nell’Italia dell’emergenza sbarchi quotidiana e delle sempiterne lotte di potere. Da un lato c’è da rilevare come la crisi dei migranti stia influendo pesantemente sull’opinione degli elettori, la cui maggioranza è oggi contraria all’approvazione di una legge che conferisca la cittadinanza italiana ai figli degli stranieri nati in Italia.
È un fatto che impatta direttamente sull’agenda parlamentare e le intenzioni di voto degli schieramenti. Per un segretario Pd che preme sull’acceleratore della legge, magari per riacquisire popolarità agli occhi dell’elettorato di sinistra, c’è un’area centrista in evidente imbarazzo e propensa a rinviare (leggi: congelare) l’approvazione del provvedimento per il timore di pagare dazio alla prossima tornata elettorale. Nel mezzo c’è Gentiloni, costretto a mediare fra posizioni antitetiche e conscio del fatto che apporre la fiducia sullo ius soli significa mettere a rischio la tenuta del suo governo visti i numeri molto ristretti su cui può contare a Palazzo Madama e con la legge di bilancio alle porte.
Ma i problemi riguardano anche il rapporto con l’Europa, dove nessun partner intende andare al di là delle vaghe promesse di solidarietà all’Italia e fare il suo nell’emergenza immigrazione. Emblematico da questo punto di vista l’atteggiamento del presidente francese Macron, applaudito forse troppo frettolosamente dal pubblico italiano in occasione delle presidenziali di Francia, che anche questa settimana è tornato a ribadire la sua ferma opposizione a qualsiasi ipotesi di accogliere migranti economici sul suolo francese. È anche per questo motivo che il ministro dell’Interno Marco Minniti si è recato nuovamente in Libia per cercare un’intesa con le autorità del Fezzan che limiti i flussi migratori che transitano nel sud della nostra ex colonia.
Alberto de Sanctis