Lavoro

Previdenza, natalità un must. Le casse private hanno generato un attivo di 108 miliardi per lo Stato.

06
Luglio 2023
Di Giampiero Cinelli

Il futuro della previdenza in Italia è un nodo cruciale e non si può eludere. Se ne è parlato, con il contributo di esperti e di due membri del governo, al Forum organizzato dalla Cassa dei Dottori Commercialisti.

Gli elementi dirimenti, è emerso dal panel, sono la natalità e l’occupazione. Due fattori intrecciati senza i quali neppure una buona produttività e una efficace gestione dei bilanci possono assicurare l’integrità futura del sistema previdenziale, sia pubblico che privato, in riferimento alla casse professionali.

Lo ha spiegato la statistica Linda Laura Sabbadini, la quale ha ricordato come negli anni ’60 in Italia si raggiunse il picco di nascite, pari a un milione. Nel 2022 invece abbiamo segnato 392.598 nati, un numero in media con le dinamiche che c’erano nel 1.500, epoca in cui però la popolazione era un quarto di quella attuale. La situazione è dunque molto preoccupante. Sabbadini ha evidenziato come dagli anni 60 il calo demografico sia in realtà continuo nel tempo, con il -180mila del 2008. La bassa natalità in Italia è un fenomeno permanente.

Meno nati significano meno donne in età feconda. «Nel 1995 abbiamo raggiunto il minimo di fecondità e le femmine nate nel ’95 ora hanno 28 anni, chiaramente in poche hanno fatto figli. La media di due figli per donna non si riesce a recuperare, perché ci vogliono 25 anni prima che i nuovi nati siano nell’età in cui si procrea. L’Italia ora ha una media di 1,24 figli per donna, ma i giovani dichiarano di desiderarne di più, non lo fanno perché le loro condizioni non sono favorevoli», ha osservato Sabbadini.

Al contrario la Francia, attualmente ad una media di 1,8 figli per donna, ha fatto una serie di politiche non solo orientate ad assegni ma anche servizi, alleggerendo il sovraccarico sulle donne e agendo per l’occupazione femminile. Ora la Francia ha 7 milioni di giovani in più dell’Italia. Per Sabbadini è «assolutamente necessario intervenire a favore della fecondità per la ripresa del Paese paese e l’occupazione femminile, che in Italia come tasso è agli ultimi posti dei paesi Ocse. Si deve aumentare la popolazione in età lavorativa da subito con nuoni trattamenti e tramite l’ingresso ben gestito degli immigrati. La popolazione diminuirà di 5 milioni nei prossimi vent’anni e altrettanti invecchieranno. Dunque non abbiamo bisogno di misure ma di una strategia».

È intervenuta al forum la ministra del lavoro e delle politiche sociali Marina Calderone, che si è concentrata sull’ambito delle casse previdenziali: «Bisogna guardare alle norme che regolano la riforma delle professioni per vedere cosa è necessario cambiare con uno spirito intergenerazionale e su quello guardare anche a modelli organizzativi sulle professioni – ha detto –, che è la grande sfida, tutta da giocare e su cui il governo dovrà fare la sua parte visto che è all’interno del suo programma. Non è un caso che tra le prime norme approvate ci sia stato l’equo compenso». Ancora Calderone: «Da anni si attende il regolamento per gli investimenti per le casse previdenziali privatizzate. Come ministero del Lavoro abbiamo già completato la nostra parte, siamo in dirittura d’arrivo per il ruolo che deve svolgere il ministero dell’Economia e delle Finanze».

Il ministro ha sottolineato che «quello degli enti privati di previdenza è un mondo che non solo ha saputo gestire il tema della solidarietà e delle partite tra le generazioni, ma ha saputo farsi carico con responsabilità del contenuto della privatizzazione delle casse. L’esperienza fatta da tutte le casse oggi è pari a 108 miliardi di euro di attivo del bilancio dello Stato. Le casse privatizzate sono un punto di riferimento soprattutto per la qualità degli investimenti e la sensibilità per come portano valore al Paese –ha aggiunto –. La maggior parte degli investimenti delle casse ha come obiettivo il nostro Paese e non posso che essere contenta di questo aspetto».

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