Esteri
Ucraina: Putin fragile, Prigozhin erratico, Zelensky tetragono, Francesco tenace
Di Giampiero Gramaglia
In dieci giorni, Vladimir Putin pare avere ripreso il pieno controllo delle leve del potere in Russia, ma il tentato putsch dei mercenari del Gruppo Wagner ha fatto emergere – come non era mai avvenuto finora – “le fragilità del suo regime”, scrive Ettore Greco su AffarInternazionali. Da Mosca, la propaganda cerca di proiettare nella Federazione l’immagine di un ritorno alla normalità, ma, nelle cancellerie occidentali, un collasso del sistema “è ora considerato più probabile”.
Alla percezione d’instabilità interna, e di insicurezza globale, contribuiscono l’erraticità e l’imprevedibilità delle sortite di Evgeny Prigozhin, il capo dei Wagner, che non fa sapere dov’è e non si mostra, ma diffonde messaggi audio. E l’ansia della comunità internazionale è anche alimentata dalle continue allusioni all’arma nucleare nelle parole incendiarie dell’ex premier ed ex presidente russo, ma sempre in subordine a Putin, Dmitry Medvedev, attualmente vice-presidente del Consiglio di Sicurezza nazionale.
Prigozhin a tratti parla come un penitente che cerca di riconquistare la grazia del signore e a tratti come un capitano di ventura che ancora controlla le sue truppe: promette “nuove vittorie al fronte” (quale?, i Wagner non sono più in Ucraina), mentre i destini suo e della sua milizia sono incerti.
Le paturnie russe rendono il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e i suoi fidi più tetragoni che mai al negoziato. Ma la diplomazia vaticana, nonostante l’esito non incoraggiante della missione dell’inviato a Mosca di Papa Francesco, cardinal Matteo Zuppi, non demorde: nuovi passi, specie sul fronte umanitario, sono prevedibili.
I fronti di guerra sono sostanzialmente in stallo, nonostante gli ucraini rivendichino, con misura, progressi nella loro controffensiva e i russi persistano nel rito letale dei bombardamenti notturni, con droni e missili, sulle città ucraine. Si guarda al vertice della Nato a Vilnius, il 10 e 11 luglio, dove, dice con qualche esagerazione il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba, sarebbe “suicida” se la Nato non aprisse all’ingresso dell’Ucraina dopo la fine del conflitto: “Non ripetete l’errore del 2008 – dice il ministro -, quando, dopo la guerra in Georgia, la candidatura dell’Ucraina non fu accolta”.
Il direttore della Cia William Burns ha compiuto, a fine giugno, una missione segreta in Ucraina, dove – riferisce il Washington Post – sarebbe stato messo al corrente dei piani ucraini per porre termine al conflitto con la Russia: Kiev ambisce a riconquistare, entro l’autunno, il territorio perduto e conta di indurre Mosca ad accettare un ‘cessate-il-fuoco’ entro fine annoanno. Non è chiaro se Burns e gli Usa considerino realistico il piano ucraino, vista la diffusa diffidenza dei vertici militari degli Stati Uniti sulle possibilità che il conflitto si concluda con la vittoria sul campo dell’una o dell’altra parte.
Le indiscrezioni del Wp hanno indispettito Zelensky, che non aveva dato alcuna visibilità alla visita di Burns. Il presidente ucraino ha invece accolto con tutti gli onori il presidente del Consiglio spagnolo Pedro Sanchez, che ha significativamente voluto essere a Kiev il 1o luglio, giorno in cui la Spagna assumeva la pèresidenza di turno del Consiglio dei Ministri ndell’Ue.
Notizie dal fronte: bombe a grappolo e mine – smentite – a Zaporizhzhia
Dall’inizio della controffensiva, gli ucraini avanzano di 500, 1000 metri al giorno, non di più; e non su tutto il fronte lungo circa 1500 chilometri, ma in aree circoscritte. Raggiungere obiettivi tangibili richiederà tempo e sarà “molto sanguinoso”, dice il capo di Stato Maggiore Usa, Mark Milley, incontrando a Washington giornalisti specializzati.
Il generale ammette che il Pentagono sta valutando “da tempo” se fornire munizioni a grappolo all’Ucraina: sono bombe che si aprono in aria, prima di toccare il suolo, rilasciando proiettili che si disperdono su porzioni di terreno vaste. Dal 2010, uso, produzione e stoccaggio di tali ordigni sono proibiti da una convenzione firmata da 84 Paesi, fra cui l’Italia. Stati Uniti, Russia e Ucraina, però, non vi hanno mai aderito. Alcuni Paesi Nato hanno già dato a Kiev queste bombe non intelligenti, mentre i russi le usano sul campo dall’inizio dell’invasione.
L’omologo ucraino del generale Milley, il generale Valery Zaluzhny, replica irritato a chi sottolinea la lentezza della controffensiva: “Non è uno show… Ogni giorno, ogni metro costano sangue… “. Kiev rinnova gli allarmi sulla centrale nucleare di Zaporizhzhia, occupata dai russi, ma dove continuano ad operare tecnici ucraini: il sito rimane “estremamente vulnerabile” per Rafael Grossi, direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea). Ma le fonti dell’Agenzia smentiscono un’affermazione di Zeklensky, secondo cui i russi avrebbero minato l’area.
L’Amministrazione Biden sta anche valutando se rafforzare le consegne di missili a Kiev con l’invio degli Atacms, con gittata fino a 300 chilometri. Funzionari e militari statunitensi temono che l’Ucraina possa usarli per colpire il territorio russo, segnando un escalation nel conflitto e a rischio di allargarlo.
Diplomazia e opinioni pubbliche
La ricerca della pace incontra più sostegno nelle opinioni pubbliche che favore nelle cancellerie.Un sondaggio di Quorum-Youtrend indica che una maggioranza di italiani vorrebbe un disimpegno di Roma rispetto nel conflitto russo-ucraino. Giudizi molto negativi vanno a Putin, ma i protagonisti del conflitto raccolgono tutti critiche, da Zelensky a Prigozhin ai leader occidentali.
E mentre fonti russe moltiplicano, a sorpresa, le dimensioni del problema dei bambini ucraini deportati, parlando di quasi 700 mila, il cardinale Zuppi fa rapporto a Papa Francesco sui contatti con Yuri Ushakov, assistente di Putin per la politica estera, e Maria Lvova-Belova, commissario per i diritti del bambino, oltre che con il patriarca Kirill.
Non ci sono stati risultati immediati, ma il Cremlino ha detto di apprezzare la posizione “equilibrata e imparziale” del Vaticano e di essere pronto a discutere ulteriori proposte. “Il Vaticano – le parole sono di Ushakov – vuole intervenire sulle questioni umanitarie”: c’è stato “uno scambio di vedute utile per entrambe le parti”, ma “non è stata avanzata alcuna idea specifica”.
Sullo stallo delle trattative con Kiev, Putin si è lamentato telefonicamente con il premier indiano Narendra Modi: per il presidente russo, “c’è il rifiuto categorico di Kiev di adottare misure politiche e diplomatiche per risolvere il conflitto”. Zelensky, del resto, rovescia l’accusa: i russi potrebbero porre termine al conflitto da un giorno all’altro, cessando l’invasione.
Voci e dubbi nel ‘dopo Prigozhin’
A Mosca, dove torna a farsi vedere il ministro della Difesa Sergej Shoigu, obiettivo di strali e critiche di Prigozhin, non è chiaro che cosa stia succedendo e resta oscura la situazione del generale Sergej Surovikin, un ex comandante delle operazioni in Ucraina, di cui non si hanno notizie certe da sabato 24 giugno.
Documenti in possesso della Cnn fanno ipotizzare che il generale fosse un esponente segreto d’alto bordo del Gruppo Wagner: su di lui, e magari su altri comandanti militari e boiardi civili, Prigozhin probabilmente contava per il successo del putsch: è caccia, dunque, a quinte colonne e golpisti ‘in sonno’.
Considerazioni che fanno dire all’ex vice-presidente Usa Mike Pence, in visita a Kiev, che “non si sa” se Putin abbia ripreso il pieno controllo della situazione, anche se il Cremlino ha organizzato tutta una serie di eventi per fare emergere l’unità del Paese e delle forze armate sotto la leadership del presidente. Secondo fonti d’intelligence occidentali, citate dal Wall Street Journal, Putin e i suoi avrebbero saputo con due giorni d’anticipo della sommossa e avrebbero così potuto disinnescarla.