Salute

Alla fonte della coscienza. Il legame tra il primo cervello e la mente

16
Giugno 2023
Di Giampiero Cinelli

Passarsi un po’ di acqua sul viso e capire per la prima volta che sei lì e stai provando quella sensazione. È capitato ad un uomo primitivo in un tempo arcaico. Non potrà mai raccontarci quel momento, non ne potremo mai leggere, ma il dottor Giancarlo Dimaggio, medico e psicoterapeuta, avrebbe tanto desiderato essere quell’individuo ed essersi abbeverato alla “fonte della coscienza”. Proprio di coscienza Dimaggio parla con lo studioso Mark Solms, psicanalista e neuropsicologo che insegna neuropsicologia all’Università di Città del Capo. Solms ha da poco pubblicato il libro “La fonte nascosta”, un’indagine sulle origini di ciò che appunto ci rende più propriamente esseri viventi. Gli spunti importantissimi dell’opera di Solms hanno fatto scaturire un’intervista pubblicata da Dimaggio su Sette, la rivista settimanale del Corriere della Sera.

Non è da poco che i neuroscienziati si interrogano sull’esatta sede della coscienza. Oggi non più collocata nella corteccia frontale del cervello ma nelle sue strutture basiche. Solms ritiene si trovi all’altezza del tronco encefalico, in particolare il mesencefalo, nella piccola area chiamata grigio periacqueduttale. Perché è fondamentale questo orientamento degli esperti? Poiché l’idea di fondo è che noi non siamo auto-coscienti in quanto capaci di svolgere attività cerebrali superiori, come quelle afferenti al pensiero e alla logica, ma anzi sono le funzioni primarie, quali respiro, battito cardiaco e dolore, ad averci portato alla coscienza, permettendoci poi di sviluppare la parte complessa della nostra mente. Insomma non si può parlare di coscienza se non si parte dal fisico, senza cui non si potrebbe neanche studiare l’ambito della morte e Solms sottolinea anche che le funzioni superiori ci servono in definitiva per soddisfare i nostri principali bisogni.

L’uomo condivide la consapevolezza di sé con tutti gli animali vertebrati. Uccelli, rettili, pesci, La differenza tra gli uomini e gli animali è che gli animali rispondono agli stimoli in modo rigido, con riflessi sempre uguali, mentre gli umani possono adattare le loro reazioni e utilizzare l’ambiente in modo funzionale agli obiettivi. Dunque l’elemento determinante della memoria, con la quale gli uomini immagazzinano esperienze da rielaborare per i loro scopi, ma che allo stesso tempo costituiscono la propria identità e quindi raffinano la coscienza, generano i sentimenti.

Attraverso la memoria l’uomo ha sviluppato un tipo di mente “predittiva”, cioè che cerca continuamente di prevedere e anticipare il futuro, originariamente al fine di difendersi dai pericoli. Andando avanti però tale tendenza viene sempre più impiegata nella valutazione più ampia della realtà, a cui cerchiamo di dare un senso. Quando queste analisi non si verificano si genera quella che Solms chiama “energia libera”, mentre in caso di predizione corretta si parla di “energia legata”, che riesce ad essere utilizzata ed è efficace. Perciò quando non riusciamo a comprendere il nostro mondo stiamo male.

I concetti appena espressi, riflettono i due esperti, sono utili anche in psicoterapia. Solms è psicanalista mentre Dimaggio ha un approccio cognitivo-comportamentale, ma entrambi pensano che il bagaglio delle memorie possa essere usato in modo maggiormente proficuo. Da una parte la psicanalisi dovrebbe non soffermarsi troppo sui ricordi, convinta che capire il passato sia il passo fondamentale per la cura, ma spingere il paziente a comprendere le sue azioni per agirne di migliori nel presente. Dall’altra parte gli approcci terapeutici più esperienziali e basati sul presente, hanno a disposizione la memoria per riutilizzare i ricordi in chiave pratica e riviverli anche emotivamente dando loro una differente interpretazione.

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