Esteri
Immigrazione, verso l’accordo Ue mentre Meloni parla al Nordafrica
Di Giampiero Cinelli
Il fascicolo sull’immigrazione in Europa è ancora aperto e gli sviluppi della scorsa settimana fanno almeno un po’ sperare in un cambio di approccio. Giovedì i 27 ministri degli Affari Esteri Ue hanno raggiunto un accordo sulla modifica della disciplina riguardante il diritto d’asilo e l’esaminazione delle domande d’asilo. Si tratta solo di un’intesa di massima, visto che i negoziati devono ancora entrare nel vivo e ci sarà bisogno di una quadra tra il Consiglio e il Parlamento europeo. La speranza, per l’Italia, è che ci si possa far carico di meno domande d’asilo, siccome per via del Regolamento di Dublino spesso il Paese di primo approdo è quello che poi di fatto accoglierà il migrante. Il sistema dei ricollocamenti infatti esiste ma è marginale e dà adito a controversie per le quali alcuni dei migranti vengono considerati fuori legge e riassegnati da una nazione ad un’altra nazione, così come capita tra Francia e Italia al confine.
Il versante tunisino
L’accordo preliminare non soddisfa la Germania, che avrebbe voluto esentare dalle complesse procedure per la domanda d’asilo le famiglie con minori. Berlino ha intenzione di migliorare lo schema nei successivi colloqui. L’Italia ha accolto con ottimismo quanto venuto fuori dall’assemblea ma pensa che una strada più efficace possa essere trattare direttamente con i Paesi più soggetti all’immigrazione, specialmente con Tunisia e Libia. Giorgia Meloni infatti è volata a Tunisi ieri, assieme a Ursula von der Leyen e al primo ministro olandese Mark Rutte, testimoniando le buone possibilità che con il presidente Kais Saied ci sia una collaborazione, in cambio di un aiuto economico; von der Leyen infatti ha detto che l’Ue è pronta a sborsare subito 150 milioni di aiuti, prima di aspettare l’ok del Fmi su altri 900 milioni. Soluzione a cui ha invitato a lavorare anche il ministro degli esteri americano Anthony Blinken, molto aperto a venire in soccorso della Tunisia oggi in grave crisi finanziaria. Saied non vede di buon occhio i soldi del Fondo Monetario Internazionale, che a sua volta contribuirebbe con prestiti per 1,9 miliardi. Egli crede che indebitarsi nei confronti del Fondo non faccia bene ai cittadini, ma intanto gli europei, con Giorgia Meloni in primis, sperano che la Tunisia possa fare da subito qualcosa per i rimpatri, le operazioni si salvataggio in mare e il contrasto all’illegalità. Mentre l’olandese Mark Rutte ha rimarcato la necessità, in virtù del supporto, che la nazione nordafricana si impegni di più sui diritti umani.
La posta in gioco
Nel Mediterraneo dopo essere scesi sotto i 100.000 nell’anno della pandemia, negli ultimi 12 mesi gli arrivi irregolari via mare sono tornati a sfiorare quota 200.000. L’Italia soffre: se nel 2019 solo il 10% di chi sbarcava in Europa lo faceva raggiungendo l’Italia, oggi a farlo è il 72%. Ovviamente nell’interesse di Roma ci sono i ricollocamenti, attraverso un meccanismo che vada ben oltre i 30.000 ricollocati l’anno cui punterebbe l’attuale proposta, e per il quale i Paesi che non vogliono accogliere paghino a Roma almeno 20.000 euro per migrante “rifiutato”. Le resistenze, però, restano tante.
Com’è messa l’Italia
Gli analisti dell’Ispi fanno notare che, nonostante le difficoltà, le regole di Dublino non vengono realmente applicate: delle 700.000 persone le quali, una volta sbarcate, nel corso degli ultimi dieci anni avrebbero già lasciato l’Italia, Roma ne ha riaccolte sul proprio territorio meno di 35.000. L’Italia è già oggi tra gli ultimi Paesi per numero di rifugiati accolti in Europa (0,2% della propria popolazione, contro lo 0,7% della Francia e l’1,5% della Germania). Intanto oggi la visita del premier libico Dbeibah in Italia. A maggio le partenze dalla Tunisia sono crollate, ma non è chiaro se si sia trattato di maggiori retate della polizia o del maltempo. Il quadro della situazione sarà più chiaro nei prossimi mesi.