Dal presumibile frastuono del Big Bang all’assordante silenzio delle stelle, il mondo dello spazio affascina l’uomo da sempre. C’è chi le ha considerate “i grandi re del passato”, chi le ha seguite ritrovando la strada di casa, chi le ha guardate come se fossero “solo vecchie fotografie”. Volgere lo sguardo all’insù e osservare il cielo di notte lascia spazio, guarda il caso, a interpretazioni personali.
Posizioni tanto soggettive quanto identificabili in due poli opposti. Quella tra i sognatori e i realisti è una spaccatura riconoscibile solo a chi ci si sofferma più del dovuto. Una tacita guerra che spesso e volentieri avrebbe potuto facilmente servire da canovaccio ad una eccentrica puntata di “Ciao Darwin”.
Sulla destra si collocano gli aviatori di “Fly me to the moon”, i tormentati da “Life on Mars?”, gli affezionati e nostalgici di “Rocket Man”, i fanatici del “meglio bruciare che spegnersi lentamente” e gli amanti del “Chiaro di Luna”. Al lato sinistro si trovano gli ingegneri spaziali del programma Artemis, i cosmonauti della Stazione Spaziale Internazionale (ISS), i tecnici di Cosmo Sky-Med e gli ingegneri informatici della NASA.
Che la passione per lo spazio nasca dal fascino di sentirsi insignificanti o da studi accademici mirati non ha poi così tanta importanza, alla fine dei conti gli impulsi dei realisti e quelli dei sognatori possono intrecciarsi in varie occasioni. Entrambi cercano la stessa cosa con modalità differenti. Se è vero che la ricerca di prove tangibili da parte di un realista si basa sulla curiosità e sulla passione, è altrettanto vero che la stravaganza e la frenesia del sognatore spingono l’individuo a cercare un fondo di verità.
Ne è un esempio il concetto di lontananza con cui si osservano gli astri. Un esperto spiegherebbe che la velocità che impiega la luce di una stella per raggiungere la Terra può richiedere milioni di anni, un ragionamento che toglie ogni sfaccettatura poetica ad un profano osservatore del cielo notturno. Un sognatore direbbe che guardare le stelle è come vedere, stupirsi e gioire del passato.
A creare il perfetto intreccio tra gli impulsi di realisti e sognatori è l’artista Daniela de Paulis che ha ideato il progetto “A sign in space”. Unendo le Cosmicomiche di Italo Calvino e l’operato dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, l’Agenzia Spaziale Europea, il Seti Institute e il Green Bank Observatory ha coinvolto tutto il mondo nella codifica di un messaggio trasmesso verso la Terra che simula la ricezione di un segnale proveniente da una civiltà aliena.
Il messaggio è stato trasmesso il 24 maggio a tre radiotelescopi situati in Italia e negli Stati Uniti. Il progetto prevede una performance spaziale con il coinvolgimento della sonda Trace Gas Orbiter della missione ExoMars che si trova nell’orbita marziana.
La stessa orbita che a distanza di cinque anni ospita la Tesla Roadster di Elon Musk lanciata nello spazio da SpaceX il 6 febbraio 2018 a cui venne applicata una particolare etichetta “Made on Earth by Humans”.
Se i programmi spaziali riguardanti l’allunaggio sono accostabili alle sfide tra le grandi potenze proprie del pianeta Terra, soprattutto agli albori, i progetti relativi al pianeta Marte hanno preso una piega più filosofica.
Alcuni pensano che dietro ci sia il grande dilemma del “siamo soli nell’universo?”, quella pulce nell’orecchio che funge da propulsione di ricerca sia per i realisti che per i sognatori. Perseverance, Ingenuity, Opportunity e Spirit sono i quattro successi della NASA che abitano, o hanno abitato, il pianeta rosso. L’obiettivo, per coloro che rimangono con i piedi per terra, resta quello di “cercare la vita addosso” a Marte; ma per coloro a cui piace viaggiare con l’immaginazione non può sfuggire l’utilizzo di sostantivi astratti strettamente legati ai rapporti umani. Per i più romantici si possono attribuire anche a una storia d’amore. Quale? C’è chi ha scelto lo spazio e chi ha continuato a sognare; una vittoria che trova la costante nella voglia di arrivare in orbita, in entrambi i casi.