Economia

Le banche centrali chiamate in causa nello scandalo Libor

25
Maggio 2023
Di Francesco Tedeschi

Ogni mattina entro le 11 i maggiori istituti finanziari globali comunicano a Thomson Reuters una stima – secondo loro – di quanto costi prestare denaro. Dalla somma poi vengono tolte le stime più basse e quelle più alte, facendo la media si ottiene un benchmark sulla base del quale viene stabilito il Libor. Stiamo parlando del benchmark globale più usato per regolare i tassi di interesse a breve termine, come quelli al consumo e alle imprese; compreso il debito pubblico e societario, nonché i prestiti su auto e casa, oltre che la metà dei mutui a tasso flessibile concessi negli Stati Uniti. Ogni giorno i tassi sui prestiti di centinaia di trilioni di dollari in titoli aumentano o diminuiscono a seconda del Libor.

Nel 2012 un articolo del Financial Times rivelò come per anni le banche che avevano il compito di stabilire il Libor lo avevano volutamente alterato. Un po’ per guadagnare dalla variazione sui tassi d’interesse e un po’ per guadagnare fiducia nei mercati truccando le stime sulla propria salute finanziaria. L’indagine che ne nacque passò alla cronaca come il Libor scandal, terminò ufficialmente nel 2017 quando tredici dei trader (operatori finanziari) delle maggiori banche inglesi, tra cui Barclays, furono incriminati dall’organo di controllo britannico (SFO). Uno di loro, Peter Charles Johnson, però decise di dichiararsi colpevole e di collaborare. Dalla sua testimonianza è emerso come l’iniziativa di abbassare il Libor nel 2008 fu una decisione delle Banche Centrali, che volevano mantenere alta la fiducia nei mercati nonostante la crisi mondiale. Perché con un Libor minore si poteva prestare denaro ad un prezzo più basso.

Lo racconta bene nel suo nuovo libro “Rigger” di Andy Verity, giornalista economico della BBC; nonostante infatti dalle testimonianze emergesse chiaramente come alcune banche avessero influenzato il Libor fin dal ‘91 per profitto. Nel 2008 però le cose cambiano, la manipolazione non si limita al Libor – valido in dollari e sterline – ma anche all’Euribor – in euro. Si legge chiaramente nelle dichiarazioni che Johnson dà di fronte agli organi di controllo britannici e americani, tra cui FBI e DoJ, quando gli chiedono – perché non hanno capito bene – se fosse stata la Bank of England a chiedergli di abbassare i tassi. I was just being told to put my rates down, rispose. Ma Verity non si limita alle testimonianze di Johnson e ricama legami sottili tra i maggiori istituti di credito mondiali e le Banche Centrali.

Attualmente la Bank of England ha negato ogni accusa pubblicamente e davanti allo stesso Parlamento britannico. Tuttavia, secondo alcuni, come Sebastian Mallaby, del Council on Foreign Relations, se la Banca Centrale inglese dovesse aver manipolato il Libor, dimostrerebbe una tendenza sempre più pruriginosa dei mercati finanziari attuali. E non si tratta di profitti, bensì di dimensione. Secondo Mallaby infatti se c’è una cosa da imparare dallo scandalo del Libor è “se queste banche che sono too big to fail, siano anche too big to exist”.