Esteri
Ucraina: punto, la presa di Bakhmut, le incursioni in Russia, raid e bombe
Di Giampiero Gramaglia
Di ritorno dal Giappone, dove ha partecipato al Vertice dei Sette Grandi, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky paragona la devastazione di Bakhmut, in russo Artemivs’k, la città nell’Ovest del Donetsk contesa da mesi dai russi agli ucraini, alla distruzione sofferta da Hiroshima, dove il 6 agosto 1945 venne sganciata la prima bomba atomica.
Zelensky nega che Bakhmut sia caduta in mani russe ad opera dei mercenari del Gruppo Wagner, che ne rivendicano la presa. Invece, il presidente russo Vladimir Putin ammette che “la Russia sta passando momenti difficili”, ma – aggiunge – “ciò porterà a un forte consolidamento”.
Diverso l’atteggiamento del cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, cui Papa Francesco affida il tentativo di mediare tra Kiev e Mosca. Parlando all’assemblea dei Vescovi italiani, Zuppi dice: “Chiedere la pace per non vuol dire evitare di schierarsi. Servono sforzi creativi”. Per ora, tuttavia, la diplomazia vaticana non trova sponde
Se confermata, l’occupazione di Bakhmut sarebbe il primo successo militare russo di quest’anno, anche se la città, che aveva 75 mila abitanti prima della guerra, ha assunto un significato simbolico ben superiore alla sua rilevanza strategica. Mosca ha perduto nella battaglia per la sua conquista uomini e mezzi in enorme quantità, senza stroncare la resistenza ucraina andata al di là delle attese. Ancora ora, i comandi di Kiev. pur ammettendo di controllare “una parte insignificante” dell’abitato, sostengono di avanzare intorno alla località.
E c’è chi porta il conflitto in terra russa, ucraini o ‘patrioti’ anti-Putin che siano. Dopo una battaglia sul suo territorio durata 24 ore, Mosca, martedì, ha annunciato di avere “liquidato” le forze che, muovendo dal confine ucraino, avevano compiuto un’incursione nella regione di Belgorod: “Nazionalisti ucraini”, per il ministero della Difesa russo; “Partigiani russi”, per le fonti ucraine, appartenenti alla Legione per la libertà della Russia – per il Cremlino, un’organizzazione terrorista – oppure al Corpo dei volontari russi, inglobato nelle forze armate ucraine. Nell’operazione, condotta con droni, razzi, blindati e mortai, un civile sarebbe stato ucciso ed una dozzina feriti; una trentina le case distrutte, nove i villaggi evacuati; settanta i nemici ‘neutralizzati’, di cui però non v’è traccia nelle immagini disponibili. Le forze russe cono intervenute con l’aviazione e l’artiglieria.
Sull’intera vicenda rimangono molti interrogativi. Una nota giornalista anti-Putin, Yulia Latynina, sulla testata indipendente Novaya Gazeta, esprime dubbi sulla matrice dell’operazione. Ci si chiede se essa, sconfessata da Washington, sia parte dell’annunciata, e mai lanciata, controffensiva ucraina. Le incursioni si sono ripetute nella notte tra martedì e mercoledì, in altre tre regioni russe. E le notti sono sempre segnate da attacchi aerei russi, con missili e droni.
Sul fronte diplomatico, è in arrivo a Mosca il mediatore cinese Li Hui, dopo la scorsa settimana era a Kiev. Il premier russo Mikhail Mishustin è invece stato in Cina: a Shanghai, a un business forum bilaterale con ben 1.200 dirigenti di imprese di Stato e private russe: e a Pechino, dove l’ha ricevuto anche il presidente Xi Jinping.
E c’è l’intesa per prorogare di due mesi la ‘pace del grano’ che consente all’Ucraina di esportare cereali da tre porti sul Mar Nero.
Ai rapporti fra Russia e Stati Uniti, non giova la decisione del tribunale del distretto di Lefortovo, che ha prolungato di tre mesi, cioè fino al 30 agosto, l’arresto del giornalista del Wall Street Journal Evan Gershkovich, incarcerato a fine marzo e accusato di spionaggio. “Liberatelo immediatamente: il giornalismo non è un crimine”, chiede il portavoce del Consiglio per sicurezza nazionale Usa John Kirby.
Sulla vicenda degli F-16 da Paesi della Nato all’Ucraina, al Cremlino c’è l’ormai consueta divisione dei ruoli e dei toni. Il portavoce Dmitry Peskov osserva che gli F-16 “non cambieranno la situazione sul terreno in modo fondamentale”. L’ex presidente Dmitry Medvedev, ‘numero due’ del Consiglio di Sicurezza nazionale, afferma che più distruttive sono le armi messe a disposizione dell’Ucraina “più diventa probabile un’apocalisse nucleare”.
Il capo della diplomazia europea Josep Borrell dice che l’addestramento dei piloti ucraini ai caccia-bombardieri Usa è già in corso in diversi Paesi, fra cui Olanda, Belgio, Danimarca, Polonia. Ma la coalizione per gli F-16 a Kiev ha molti buchi. Londra non ha quegli aerei né vuole dare all’Ucraina i suoi Typhoon e – a parte l’addestramento – lascia ogni decisione alla Casa Bianca; e Germania, Olanda, Belgio frenano, nonostante il ministro degli Esteri di Kiev Dmytro Kuleba si dica certo che l’accordo per la fornitura arriverà entro l’anno – ma molti sperano che il conflitto si risolva prima -.
Nell’Ue, l’Ungheria blocca il nuovo pacchetto di aiuti militari per Kiev, che vale 10 miliardi tratti dalla European Peace Facility. E Politico nota che l’Ucraina è l’anello debole dello sfoggio militare del presidente francese Emmanuel Macron, che incrementa la spesa per la difesa in tutti i settori, ma rallenta l’invio di carri ed aerei a Kiev. Secondo Le Monde, invece, Parigi sta studiando se dare all’Ucraina missili Scalp a lungo raggio, equivalenti agli Storm Shadow forniti dalla Gran Bretagna.