Sergio Mattarella ha promulgato ieri la legge costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari. Il sogno di Di Maio e compagnia è ora realtà: dalla prossima legislatura i componenti della Camera saranno 400 e quelli del Senato 200. Ma i sogni dei Dem? Breve ripasso: per tre volte contrario, il Pd si è detto infine favorevole al taglio con la promessa di approvare alcuni correttivi. Sulla fiducia, sia chiaro. Ma, a un mese dal referendum, di essi neanche l’ombra.
A cominciare dall’abbassamento dell’età per l’elettorato attivo del Senato, articolo 58 della Costituzione. I proponenti volevano equiparare gli elettorati delle due Camere garantendo a coloro che hanno tra i 18 e i 24 anni la possibilità di votare per il Senato. Era, tra i correttivi, la proposta di legge più avanzata nell’iter di approvazione: infatti, aveva già passato la prima lettura in entrambi i rami del Parlamento. Tornato alla Camera, però, ecco lo stop di Italia Viva, che ha lamentato lo stralcio dell’abbassamento dell’età per l’elettorato passivo del Senato e, più in generale, il procedere a macchia di leopardo sulle questioni costituzionali. A data da destinarsi, quindi, il primo correttivo.
E gli altri? Ancora peggio. Dal referendum in poi non si è fatto neanche un misero passo in avanti. La pdl costituzionale a prima firma Fornaro, che prevede il superamento della base regionale per l’elezione dei senatori in favore di una base circoscrizionale, nonché la riduzione del numero dei delegati regionali per l’elezione del presidente della Repubblica, giace da un anno in Commissione Affari Costituzionali della Camera.
Sulla legge elettorale, poi, l’incertezza regna sovrana. Proporzionale sì, proporzionale no. Soglia di sbarramento al 3% oppure al 5%. Quel che si sa è che tutto è fermo. Sembrava dietro l’angolo l’approvazione del Brescellum, dal nome del suo proponente, il presidente della I Commissione della Camera Giuseppe Brescia: via i collegi del Rosatellum, dentro circoscrizioni plurinominali proporzionali con soglia di sbarramento nazionale fissata al 5%. E invece ancora una volta è arrivato l’altolà di Renzi, che ha rilanciato più o meno come segue: volete mettermi una soglia alta del 5% che non so se raggiungerò? Volete quindi emulare il sistema tedesco? Bene, allora copiamo dalla Germania anche la sfiducia costruttiva e il bicameralismo imperfetto. Tradotto, palla in curva.
Se si andasse alle urne oggi, quindi, quale scenario avremmo davanti? Voteremmo ancora con il Rosatellum, con chiare coalizioni prima del voto e con i collegi uninominali. Gli elettorati di Camera e Senato resterebbero differenziati e per Palazzo Madama permarrebbe in vigore la base regionale per l’elezione dei suoi membri. Ma, soprattutto, eleggeremmo 600 parlamentari anziché 945. E di correttivi – posto che effettivamente lo siano – neanche l’ombra. Come suggeriva Prezzolini, in Italia nulla è più definitivo del provvisorio.