Economia

Manifatturiero, a marzo l’Italia resiste ma l’attenzione è alta

04
Aprile 2023
Di Giampiero Cinelli

Anche in un’economia sempre più leggera, l’indice manifatturiero è stabilmente una spia importante della salute del sistema. E a marzo nelle principali economie occidentali non brilla, anche se l’Italia, seconda manifattura d’Europa, regge.

Per il terzo mese consecutivo il nostro Paese ha migliorato le condizioni operative grazie all’aumento della produzione, dei nuovi ordini e dell’occupazione. L’indice di misurazione internazionale che riguarda il settore, (il Pmi) si è attestato a 51,1 punti, sopra la soglia dei 50 che è spartiacque tra crescita e contrazione. Il risultato è tuttavia più basso di quello di febbraio a 52, che era stato il migliore in dieci anni, e denota anche un rallentamento generale dell’occidente. Non a caso l’altra principale economia europea a forte trazione manifatturiera, come quella della Germania, non fa bene. Berlino cala a marzo a 44,4 punti segnando il minimo da 34 mesi e sotto la stima di 47. Compensando però grazie ai servizi: a 53,9 punti sopra la stima di 51.

Considerando che le catene dell’offerta tedesca e italiana sono fortemente interconnesse nello viluppo di molti prodotti finali, i dati aprono a preoccupazioni sulle stime del Pil 2023. Nella peggiore delle ipotesi potrà esserci una recessione che tuttavia le previsioni fin ora non hanno evidenziato. Anche una crescita poco sopra lo 0, però, è deleteria dal punto di vista del ritorno sugli investimenti pubblici fatti e delle risorse generate. Anche se, appunto, in un momento di crisi e di guerra come questo, sono proprio gli aiuti che stanno tenendo insieme il tessuto produttivo.

Di questo ne sono ben consci gli Stati Uniti, che infatti hanno lanciato un piano di incentivi dalle proporzioni mai viste, determinati anche loro a frenare una tendenza sull’indice manifatturiero preoccupante. Nel mese appena trascorso quello di Washington è sceso a 46,3 da 47,7 di febbraio, al di sotto delle previsioni di 47,5 punti.

La cifra segna il quinto mese consecutivo di contrazione nell’attività di fabbrica negli Stati Uniti e il maggiore calo dal maggio 2020. Domani usciranno i dati sui servizi in Usa. Non tutti gli analisti in America sono preoccupati, dato che i servizi pesano due terzi dell’economia Usa e il manifatturiero solo un terzo. Da diverso tempo la manifattura Usa è in contrazione, sotto 50 punti. I servizi Usa negli ultimi mesi hanno avuto degli sbandamenti forti, anche se restano nettamente sopra i 50 punti. A marzo questo comparto dovrebbe rallentare, passando da 55,1 a 54,5 punti.

Anche in Europa sono i servizi a preoccupare perché sono loro a tenere alta l’inflazione. Lo dimostrano i dati dell’Eurozona di venerdì scorso, che hanno visto l’inflazione generale scendere dall’8,5% al 6,9%, mentre quella ‘core’, cioè relativa ai prodotti energetici oltre che alimentari, è salita leggermente, passando dal 5,6% al livello record del 5,7%. Questo significa che i prezzi dell’energia continuano a scendere, mentre quelli dei servizi salgono e si confermano la componente più dura da abbassare. Anche negli Usa si profila una situazione simile. Tra l’altro, questa condizione impatterà ovviamente sulla capacità di export dei Paesi in esame e dunque su un fattore molto importante per la competitività.