Politica

Nucleare? In Italia solo scorie. Il bivio di Sogin

16
Marzo 2023
Di Alessandro Caruso

Non sono bastati i due referendum del 1987 e del 2011 per assopire completamente l’interesse italiano per il nucleare. A distanza di anni la nuova generazione di questa fonte energetica sta tornando a far discutere ed è diventata una battaglia, delicata e strategica, di molte forze politiche, soprattutto nel centrodestra. Specialmente in un periodo come quello attuale, che sta confermando la necessità di diversificare il più possibile il menu energetico. Del resto la quarta generazione del nucleare sta incuriosendo molti addetti ai lavori per la sua elevata capacità produttiva a basso impatto ambientale e con una produzione estremamente ridotta di scorie. E l’Italia? Il dibattito incalza anche da noi. Ma per il momento la priorità è un’altra. La stessa sin dal 2003: il decomissioning, vale a dire lo smaltimento delle scorie e dei rifiuti prodotti dalle nostre centrali prima della loro chiusura. Un compito molto delicato che è affidato a Sogin, la società interamente partecipata dal ministero dell’Economia, leader in Italia in tale mission e dalle riconosciute competenze a livello internazionale. Ma proprio per la delicatezza dell’incarico è da sempre destinataria di ingenti finanziamenti, una parte dei quali direttamente derivante da una voce delle bollette elettriche degli italiani (la voce A2).

Il mix tra milioni di euro di risorse e gestione pubblica ha fatto sì che, nonostante gli importanti risultati sotto il profilo della ricerca tecnologica, Sogin ha accumulato anche sprechi, clientelismi e inefficienze di varia natura, tutte vicende che hanno portato al suo commissariamento nell’agosto del 2022. Un commissariamento a cui si era arrivati anche dopo ripetute denunce da parte della politica, una tra tutte l’interrogazione parlamentare che l’allora deputato di Fratelli d’Italia Edmondo Cirielli, oggi viceministro agli Affari esteri, presentò dai banchi dell’opposizione al governo Draghi, chiedendo se sussistessero anche gli estremi per un’eventuale segnalazione alla Corte dei conti per danno erariale.

L’Organo Commissariale è composto da un commissario e da due vicecommissari e può essere prorogato con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’Economia e delle Finanze e del Ministro della Transizione Ecologica, in seguito alla valutazione sul raggiungimento degli obiettivi del commissariamento come previsto dal DPCM di nomina. La commissaria è Fiamma Spena, già prefetto di Genova ai tempi della  ricostruzione del Ponte Morandi. I suoi vice sono Giuseppe Maresca e Angela Bracco.

A luglio 2023, per l’appunto, la gestione commissariale termina il suo mandato e già sono iniziati i “movimenti”. Tra fake news, inchieste giudiziarie e pressioni politiche il governo a luglio dovrà decidere se confermare o no l’attuale gestione. Una scelta che sarà tra le più pesanti del “giro di nomine” dei prossimi mesi, sia per il volume d’affari gestito da Sogin sia per la strategicità del compito ad essa affidato. Una decisione su cui certamente peserà da un lato la scarsa reputazione aziendale. Ma su cui, dall’altro, potrebbe anche influire innanzitutto la storia professionale di Fiamma Spena, il cui nome è legato alla storia di successo internazionale della ricostruzione del Ponte Morandi a Genova. Come anche alcuni importanti risultati raggiunti dai commissari nell’ultimo anno, non ultimo il recupero di oltre 32 mln di euro che nel 2021 erano stati anticipati al consorzio che si era aggiudicato l’appalto per la realizzazione dell’impianto Cemex di Saluggia, nel vercellese, ma che poi, da quanto risulta agli atti, aveva accumulato gravi ritardi nella messa a punto dei lavori. Questa vicenda è stata oggetto di un lungo contenzioso, al termine del quale si è appreso che recentemente l’Autorità nazionale anticorruzione ha anche avviato un procedimento ai danni del suddetto consorzio per presunte irregolarità nella gestione dell’incarico.

Ad ogni modo il recupero dei 32 milioni di euro è stato un’importante vittoria per l’attuale management Sogin, in particolare la direzione appalti e affari legali, che ha potuto restituire così alle proprie casse una somma che derivava direttamente da soldi pubblici, perché i soldi che Sogin utilizza per i suoi investimenti sono in larga parte prelevati dalle bollette. E, in un periodo caratterizzato dal caro energia che pesa sugli utenti, non è poco. L’auspicio per il futuro di un’azienda di tale portata è che in ogni caso il governo opti per una nomina dettata da assolute competenza e onestà.