Esteri
365 giorni dopo
Di Beatrice Telesio di Toritto
Esattamente un anno fa la Russia invadeva l’Ucraina sotto gli occhi attoniti e sgomenti di un’Europa che dopo anni faceva i conti con una guerra “in casa”. E se allora qualcuno parlava di “guerra lampo” ad oggi la possibilità che il conflitto abbia vita breve appare quantomeno improbabile. Le diplomazie sembrano infatti bloccate fra veti incrociati e promesse sbiadite che impediscono ai due paesi in guerra anche solo di ipotizzare di sedersi a un tavolo per negoziare una pace. Ad oggi, la tensione è altissima e non si prevede nel prossimo futuro nessun miglioramento, anzi. La Russia sta ammassando da settimane decine di migliaia di soldati nel Donbass e intensificando gli attacchi di artiglieria nella stessa area, probabilmente in preparazione di quella che da diversi esperti viene indicata come “l’offensiva di primavera”. Senza contare che proprio in questi giorni, su spinta dell’imminente anniversario, i leader delle due superpotenze, per usare un lessico caro alla guerra fredda, si sono scontrati a distanza accusandosi a vicenda di aver dato inizio al conflitto. All’indomani della storica visita di Joe Biden a Kiev, il presidente russo Vladimir Putin ha pronunciato un atteso discorso sullo stato della Federazione russa davanti a una folta platea di alti dignitari, militari e giornalisti. Putin ha descritto la guerra come «una conseguenza inevitabile» delle azioni europee e statunitensi, parlando di una «battaglia esistenziale» in corso per la difesa dei valori e della cultura russa contro quelli di un Occidente corrotto e immorale, in preda al caos e a una profonda «crisi spirituale». E nonostante la gravità di queste affermazioni, per lo più propagandistiche, a destare maggiore preoccupazione è stato l’annuncio per cui Mosca sospenderà la sua partecipazione all’accordo New Start (Strategic Arms Reduction Treaty), l’ultimo ancora in vigore tra Usa e Russia sulla riduzione e monitoraggio reciproco degli armamenti nucleari. Riecheggia così, in un attimo, lo spettro della minaccia nucleare che da un anno a questa parte preoccupa moltissimi nel mondo. Biden da parte sua ha ribadito con fermezza il sostegno americano alla resistenza ucraina, definendolo uno sforzo necessario contro l’autocrazia. «Gli autocrati capiscono una sola parola: no. No, non prenderai il mio paese. No, non prenderai la mia libertà. No, non prenderai il mio futuro. La brutalità non sconfiggerà mai la volontà delle persone libere. La Russia non vincerà mai in Ucraina. Mai», ha detto Biden in un momento particolarmente emotivo del proprio discorso. Sulla stessa linea anche il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni che proprio questa settimana si è recata in Ucraina per la prima volta dall’inizio del suo mandato. Dopo aver visitato Bucha, Irpin e Kiev, la Premier ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky per offrirgli nuovamente il suo aiuto sia per questa fase del conflitto sia per la successiva, si spera prossima, fase di ricostruzione. In un clima per lo più cordiale e commosso, ad alta carica emotiva, che ha suggellato l’intesa tra Roma e Kiev, non sono mancati però i fuori “schema”. Durante la conferenza stampa congiunta tra i due presidenti, Zelensky ha commentato in modo piuttosto duro e sarcastico le più recenti dichiarazioni dell’alleato Silvio Berlusconi sull’Ucraina quando aveva detto che, se a governare fosse stato lui e non Meloni, a parlare con Zelensky non ci sarebbe mai andato. Tali affermazioni, che avevano già messo in grande difficoltà il governo Meloni, sono tornate a destar imbarazzo alla Premier, costretta ancora una volta a ricucire le gaffe di un alleato che sembra nuovamente voler spostare, a suon di provocazioni, il baricentro della maggioranza su di sé. Meloni ha riaffermato come sul sostegno a Kiev tutta la maggioranza abbia sempre votato «quel che c’era da votare e su questo la coalizione è sempre stata compatta». In sostanza, secondo Meloni bisogna guardare i fatti e meno le parole. Nonostante questo imprevisto, la missione internazionale della Meloni ha raggiunto molti suoi obiettivi, tanto sul piano simbolico quanto su quello della sostanza, stringendo il filo che lega l’Italia alla comunità internazionale e confermando il ruolo di primo piano acquisito dal nostro paese nel sostegno a Kiev.
Mentre il mondo intero si apprestava ieri a ricordare il primo anniversario dell’invasione russa, sembra esserci una sola certezza: Mosca non fermerà l’offensiva e Kiev continuerà a difendersi, ma se Putin non dà l’impressione di avere una strategia chiara né per vincere né per uscire dal conflitto, l’Ucraina ha dalla sua il sostegno compatto dell’Occidente anche se, per ora, non è ancora sceso direttamente in campo.