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Superbonus, il governo interverrà ma lo scenario cambia
Di Giuliana Mastri
Se non si può dire che sul superbonus cala il sipario, di certo esce molto ridimensionato dalla riunione del governo con Cdp, Sace, Abi e Ance. Se ne va la possibilità di cedere il credito, non si potrà utilizzare l’opzione dello sconto in fattura. Il ruolo che svolgerà d’ora in avanti sarà solo quello di assicurare la detrazione fiscale per i beneficiari del bonus, eventualmente da spalmare su più anni. Ma l’altra questione chiave era quella dei crediti incagliati, 19 miliardi sui 110 in circolazione, cioè crediti da monetizzare a vantaggio dell’impresa che ha svolto i lavori, ma che le banche non riescono a liquidare perché hanno esaurito la capienza fiscale, ovvero poi non avrebbero più diritto a ulteriori sconti sulle tasse.
L’Esecutivo ha fatto sapere che ci sarà una riunione tecnica al Mef per risolvere questo problema che rischia di far fallire numerose aziende. Ultimamente si stava parlando, anche dall’opposizione, di una compensazione con gli adempimenti del modello F24, le cui tasse in molti casi vengono gestite automaticamente dalle banche. Gli istituti di credito potrebbero coprire i debiti derivanti dai crediti d’imposta con gli importi dei pagamenti fiscali fatti con i modelli F24. Mentre per quanto riguarda i redditi bassi, la facoltà di cedere il credito all’impresa potrebbe restare.
Rispetto ai crediti incagliati spunta l’ipotesi di un prestito ponte da Eni ed Enel che acquisterebbero temporaneamente i crediti. Si fa strada inoltre uno scudo penale più efficiente per le banche che acquistano crediti oggetto di frode, agevolando comunque l’acquisto di quelli incagliati per permettere ai residenti che hanno iniziato i lavori di completarli. In ultimo la norma “salva caldaie”: chi ha versato un acconto per la nuova caldaia, più efficiente a livello di consumi, e ha dato un anticipo al venditore non deve aspettare l’attestato di installazione per accedere allo sconto in fattura.
L’analisi, i numeri
Se anche il governo riuscirà a non far esplodere la bomba dei bonus edilizi, resta la perplessità su una stagione di investimenti, legati a una precisa politica economica, che è stata osteggiata caparbiamente. Attraverso continue modifiche nel giro di settimane o mesi, ricorrendo soprattutto alla limitazione della circolazione dei crediti. La motivazione alla base della rigidità era quella del pericolo frodi ma anche di un rischio per i conti pubblici. Una cospicua circolazione dei crediti d’imposta avrebbe generato effetti ignoti sulla finanza statale. Un aspetto molto rimarcato al tempo da Mario Draghi e ora da Giancarlo Giorgetti. Però i fautori di questo strumento e il partito che lo ha sposato in primis, cioè il Movimento Cinque Stelle, sostengono che è proprio l’opportunità di cedere i bonus a determinare un volano per l’economia, stimolando varie attività. La pensa diversamente Eurostat, che in questi giorni diramerà il suo parere definitivo sulla questione, indicando al governo se i bonus fiscali vanno contabilizzati come debito alla loro emissione. Non tutti sono d’accordo che si tratti di debito. O meglio: possono certamente generare un passivo, tuttavia è difficile quantificarlo a priori e non si sa precisamente quando questo passivo risulterà. Sia perché il soggetto può non usare totalmente la sua capienza fiscale, sia perché può decidere di usarla in futuro e non nell’anno in corso. Ma al di là di ciò sarebbe più importante valutare gli effetti positivi sul gettito fiscale che i bonus creano in un secondo momento. Che l’effetto moltiplicatore ci sia stato, sembrano confermarlo gli indicatori. Con un punto di Pil in più sul 2021, l’attivo del settore edilizia, l’abbassamento del rapporto debito/Pil (da 155% nel 2020 a 150% nel 2021, 146% nel 2022), oltre ai 600.000 posti di lavoro nati. Eppure, evidentemente, è proprio la previsione che l’Eurostat boccerà questa specie di “moneta fiscale” a far andare il governo nella direzione dell’assoluta prudenza.
Sono cresciuti gli impianti fotovoltaici
Il Superbonus ha dato una netta spinta ai fotovoltaici in più. Al 31 dicembre risultano in esercizio in Italia circa 1.225.000 impianti (+21% rispetto alla fine del 2021), per una potenza complessiva superiore a 25 GW (+11%). La produzione annuale, pari a 28,2 TWh, è aumentata del 12,5% rispetto al 2021. Quanto si legge nella nota statistica trimestrale del Gse, aggiornata a dicembre 2022. In particolare circa 137.000 impianti (66% degli impianti installati durante il 2022, per una potenza corrispettiva pari a 1.117 MW) hanno usufruito dell’agevolazione fiscale al 110%. Nel settore residenziale, gli impianti che hanno avuto accesso al Superbonus rappresentano circa 2 volte il numero e 2,5 volte la potenza installata degli impianti che non vi hanno avuto accesso; nel comparto non residenziale l’impatto è significativo, ma più contenuto.
La richiesta di Confapi
«Chiederemo come prima proposta che quelle aziende che hanno crediti incagliati e fatto lo sconto in fattura possano portare la possibilità di detrarre i crediti da 4 a 10 anni, darà a molte la possibilità di non perdere i crediti maturati. Poi dei finanziamenti garantiti dallo Stato e la riapertura della cessione dei crediti per un periodo limitato atto ad arrivare all’eventuale cartolarizzazione o agli anticipi dell’F24. Per fare questi anticipi vorremmo che fossero fatti da società partecipate dallo Stato, quindi Enel o Eni che hanno avuto extraprofitti in questi anni e hanno tutta la capienza necessaria». Lo ha detto Cristian Camisa, presidente di Confapi. arrivando a Palazzo Chigi per il tavolo col governo sul superbonus. «Comprendiamo le ragioni del governo però porteremo con forza le istanze delle nostre imprese: su 15 miliardi di crediti incagliati, 3 fanno riferimento ad aziende di Confapi».