Economia
Bce, a marzo altro aumento dei tassi. Necessario cambiare approccio su energia
Di Giampiero Cinelli
Avanti con i rialzi. Ma forse d’ora in poi a piccoli passi. Per ridurre il rischio di stretta eccessiva. Nella prossima riunione operativa del Consiglio direttivo, a marzo, la Bce aumenterà di 50 punti base i tassi d’interesse. «Poi valuteremo la successiva evoluzione», ha detto stamattina Christine Lagarde, dichiarandosi consapevole che «la stretta monetaria frenerà la domanda e farà diminuire l’inflazione». L’istituzione ha confermato che «continuerà ad aumentare i tassi di interesse in misura significativa a un ritmo costante e a mantenerli su livelli sufficientemente restrittivi. In ogni caso, anche «in futuro le decisioni del Consiglio direttivo sui tassi di riferimento saranno dipendenti dai dati e rifletteranno un approccio in base al quale tali decisioni vengono definite di volta in volta a ogni riunione».
In eurozona l’inflazione sembra esaurire la sua fiammata, facendo prevedere un 8,5% annuo in base ai numeri di gennaio. Finora, tuttavia, la Bce ha in qualche misura minimizzato questi sviluppi. Infatti ieri la presidente Christine Lagarde – ipotizzando peraltro che la lettura definitiva di gennaio possa essere ritoccata al rialzo quando verranno inclusi i dati sulla Germania – ha rilevato che l’inflazione di fondo (anche detta inflazione core), cioè depurata dalle componenti energia e alimentari, sta continuando a salire. E che comunque il livello dell’indice resta «ben troppo elevato». Come abbiamo accennato nell’incipit, gli analisti si aspettano che dopo il rialzo di marzo, sempre che sia effettivamente da 50 punti base, la Bce rallenti la manovra di inasprimento con mosse da 25 punti base o addirittura pause sui rialzi. Se però il carovita dovesse frenare in maniera più rapida del previsto, questo potrebbe impartire una ulteriore moderazione anche alla stretta della Bce.
«Quando stavamo normalizzando i tassi, il ritmo dell’aggiustamento era fondamentale. Ma ora che i tassi si stanno spostando in territorio restrittivo, ciò che conta è l’entità e la durata della restrizione della politica monetaria. Ammorbidendo i nostri rialzi dei tassi – cioè procedendo a piccoli passi – possiamo garantire una calibrazione più precisa di entrambi gli elementi alla luce delle informazioni in arrivo e della nostra funzione di reazione», ha spiegato Fabio Panetta, membro del Comitato esecutivo della Bce, nel discorso tenuto al Centre for European Reform, dalla Delegazione dell’Unione europea nel Regno Unito e dall’Ufficio di rappresentanza della Bce a Londra.
«Le prime evidenze – ha concluso Panetta – suggeriscono che i tassi attivi bancari stiano aumentando più rapidamente rispetto alle precedenti fasi di rialzo, in linea con il rapido aumento registrato anche dai tassi ufficiali. A loro volta, i prestiti a famiglie e imprese stanno decelerando rapidamente».
La questione energetica
La Bce ha osservato anche le dinamiche relative al mercato energetico, fondamentali per fare analisi sul livello dei prezzi. Lo scenario descritto è quello della fiducia nella tenuta rispetto a questo inverno in corso, ma con dei dubbi riguardo al prossimo anno. La quasi totale rottura dei rapporti con Mosca e l’aumento della domanda di gas dalla Cina sono due fattori di potenziale squilibrio e quindi di salita dei costi. Secondo Francoforte il peso che avrà la Cina come acquirente determinerà anche le aspettative di inflazione. Ecco perché la Banca Centrale ha esortato di nuovo a investire poderosamente sulle fonti alternative, avvertendo che i finanziamenti riconducibili ai combustibili fossili verranno ridotti. La Bce considera anche «importante iniziare a revocare ora le misure sul caro energia. Le misure siano temporanee e mirate, o servirà più stretta monetaria». Secondo Lagarde, se non si riducono tempestivamente gli incentivi per l’energia e lo si fa troppo più in là, ci sarà a quel punto una spinta inflazionistica maggiore con bisogno di politiche più restrittive per un tempo lungo. L’approccio di Lagarde è, a quanto pare, differente da chi pensa che, invece, la certezza per i produttori di energia che le famiglie avranno un aiuto economico, non spinge ad abbassare i prezzi.
L’ultimo riferimento va a Pechino. L’istituto bancario europeo considera che anche il dragone tende ad acquistare meno Gnl spingendosi più verso il carbone. Un quadro che si è intravisto nel 2022. In tal caso il futuro sarebbe meno preoccupante.