Esteri
Consiglio europeo, politiche migratorie di nuovo al centro del dibattito
Di Diana Adly
Oggi Bruxelles ritorna alla normalità, dopo due giorni intensi segnati da un Consiglio europeo speciale e dalla visita del Presidente ucraino Volodymir Zelensky. Aprendo la riunione dei 27, il Presidente Zelensky ha reiterato l’importanza di completare il percorso iniziato con l’adozione dei pacchetti di sanzioni, al fine di limitare il potenziale offensivo della Russia, e in particolare “in modo che non abbia né l’opportunità né il desiderio di fare sforzi per destabilizzare qualsiasi Paese in Europa o altrove. O per provocare qualsiasi crisi – energetica, alimentare, migratoria”.
Ed è proprio sulla migrazione che i leader dell’Ue si sono concentrati durante la riunione del Consiglio europeo, in un contesto in cui gli attraversamenti irregolari delle frontiere hanno raggiunto il livello più alto dal 2015.
Migrazione di nuovo in cima all’agenda delle Istituzioni Ue: i problemi da affrontare
Il controllo della migrazione è ritornato in cima all’agenda dell’Ue dopo l’impennata della migrazione irregolare nel 2022. Se durante la crisi pandemica la risposta alla migrazione irregolare era arrivata ad occupare punti marginali nelle agende dell’Ue, nel 2022 si è tornato a parlare sempre di più del cosiddetto “elefante nella stanza”. Numerose le richieste dei leader, con l’Italia in prima linea, volte a rafforzare la gestione condivisa della migrazione.
L’anno scorso Frontex ha registrato 330.000 attraversamenti irregolari delle frontiere. Si tratta di un aumento del 64% rispetto all’anno precedente e della cifra più alta dal 2016. Parallelamente, sono state presentate 924.000 domande di asilo in tutta l’Unione europea. La maggior parte di coloro che chiedono asilo non ha bisogno di protezione, ma i tassi di rimpatrio sono al minimo del 22%. E c’è un numero crescente di movimenti secondari.
Si parla nuovamente di crisi migratoria, alla quale il sistema Ue per la gestione dei rimpatri e degli asili non è in grado di far fronte. Infatti esso prevede una limitata condivisione degli oneri tra Istituzioni e Stati membri, che ha causato il sovraccarico delle autorità nazionali per l’immigrazione. Esse non sono quindi più nella posizione di impedire ai migranti di presentare domanda di asilo in più Stati, generando un sistema in crisi quasi permanente. Certamente uno degli ostacoli è rappresentato dalla lentezza del processo decisionale, per cui risulta impossibile una revisione efficace di tutte le domande di asilo in tempi brevi, generando ritardi anche nei rimpatri dei richiedenti la cui richiesta è stata rifiutata. Molti governi Ue, tra cui l’Italia, stanno già concentrando i propri sforzi sul miglioramento del sistema dei rimpatri, riscontrando spesso difficoltà nella comunicazione con i paesi d’origine. Il già complesso processo di rimpatrio è infatti ulteriormente complicato da una rete di accordi bilaterali di riammissione tra l’Ue e i Paesi terzi che si aggiungono agli accordi comuni di riammissione dell’Ue.
Lo slancio delle Istituzioni europee
Il 2023 sembra quindi rappresentare un anno di svolta: la necessità di sviluppare soluzioni sostenibili nell’area dell’asilo e della migrazione sembra ora essere una delle priorità di Bruxelles. Durante la sessione Plenaria del Parlamento europeo di febbraio, è arrivato un forte segnale della stessa Presidente dell’Esecutivo europeo, Ursula von der Leyen, che ha indicato la direzione da intraprendere per affrontare la questione attraverso due linee: il processo legislativo e azioni operative da intraprendere nell’immediato.
Si inserisce in questo contesto la nuova strategia operativa per la gestione dei migranti, presentata a gennaio dalla Commissione, che copre quattro aree di intervento: azioni mirate per soddisfare le esigenze immediate, comprese le operazioni di rimpatrio congiunte in determinati Paesi terzi; accelerazione del processo di rimpatrio; promozione della consulenza e del reinserimento dei rimpatri e digitalizzazione della loro gestione.
Il messaggio è chiaro. “Gli Stati membri non possono risolvere il problema da soli e nemmeno la Commissione può farlo da sola“, come sottolineato anche dalla Commissaria europea per gli Affari interni Ylva Johansson e la coordinatrice dell’Ue per i rimpatri Mari Juritsch (nominata per il ruolo creato nel maggio 2022, nell’ambito dell’implementazione del Nuovo Patto sulla Migrazione e sull’Asilo).
Le conclusioni dei 27: un nuovo impulso?
Le conclusioni dei capi di Stato e di Governo dell’Ue, arrivate al termine dei negoziati conclusi alle 3 di questa mattina, costituiscono una posizione dura, che riflette un notevole cambiamento rispetto agli scorsi anni. La dichiarazione invita la Commissione europea a “mobilitare immediatamente fondi e mezzi sostanziali dell’Ue” per aiutare i Paesi a rafforzare le loro “capacità e infrastrutture di protezione delle frontiere“.
La dichiarazione fa riferimento in particolare alla “sorveglianza, compresa quella aerea, e alle attrezzature“. Tuttavia, secondo il Cancelliere austriaco Karl Nehammer, vi sarebbe un cambio di passo significativo nell’approccio europeo: la Commissione europea avrebbe accettato di fornire un sostegno sostanziale all’utilizzo di fondi europei per il personale di frontiera e i veicoli, e “per rafforzare la recinzione di confine“.
Un orientamento di questo tipo sarebbe in linea anche con quanto indicato nella lettera firmata alla vigilia del Consiglio europeo da un gruppo di otto Paesi, tra cui Danimarca, Lituania, Lettonia, Estonia, Slovacchia, Grecia, Malta e Austria, a sostegno di misure di confine più severe, e da quanto emerso dal colloquio telefonico tra la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni con la controparte austriaca e la Presidente della Commissione Ursula von der Leyen, in preparazione del Vertice di Bruxelles.
I funzionari dell’Ue hanno dichiarato che c’è consenso sulle severe disposizioni contenute nelle conclusioni del Vertice, che minacciano di sospendere gli aiuti, il commercio senza tariffe e l’accesso ai visti per i Paesi che si rifiutano di accogliere i richiedenti asilo respinti.
La Presidente von der Leyen, che si oppone all’ingresso dell’Ue nel settore dei finanziamenti alle recinzioni, ha dichiarato dopo l’incontro che i leader hanno concordato di utilizzare i fondi dell’Ue solo per infrastrutture come telecamere, torri di sorveglianza e veicoli. “Abbiamo bisogno di fondi, non importa se si chiami recinzione o infrastruttura di confine”, ha commentato Nehammer.
Non è quindi chiaro se quanto annunciato dai leader dei 27 Stati membri dell’Ue aprirà la strada a nuovo approccio nei confronti della migrazione. Ciò che è certo, è che le Istituzioni dell’Ue hanno dato nuovo impulso alle discussioni per affrontare concretamente la questione in modo congiunto.