Siamo sempre più abituati a vederle in giro. Le chiamiamo genericamente ‘sigarette elettroniche’ e stanno pian piano insinuando la leadership delle tradizionali che bruciano tabacco. Nel 2019, secondo l’Istituto superiore di Sanità, il numero dei fumatori italiani si è mantenuto stabile, subendo però una modifica nella composizione. Di questi un numero crescente ha lasciato le sigarette per le nuove sigarette elettroniche o i prodotti a tabacco riscaldato.
Un ruolo fondamentale lo ha avuto l’emergenza Covid durante la quale 600mila persone hanno lasciato le bionde, di queste 100mila hanno abbandonato del tutto il vizio prendendo consapevolezza dei rischi o per le pressioni sociali dentro casa, mentre 500mila hanno deciso di optare per una soluzione intermedia: lasciare le sigarette per questi nuovi dispositivi elettronici. Quello dei nuovi prodotti alternativi alle sigarette è un settore in crescita non solo in Italia, ma in tutto il mondo: in Giappone, ad esempio, a marzo dello scorso anno i nuovi prodotti hanno conquistato il 24,3% dei fumatori nipponici, una fetta da quasi 5 milioni di clienti, segnando un drastico calo nella vendita delle sigarette secondo uno studio dell’American Cancer society. Stessa cosa nel Regno Unito, dove i “vapers” sono cresciuti dai 2,8 milioni del 2017 ai 3,2 del 2018, anche qui segnando un calo delle bionde mai registrato in precedenza.
Chi ha abbandonato le sigarette tradizionali per prodotti tecnologici si dice soddisfatto del passaggio. Stando al Rapporto Italia 2020 di Eurispes il 74,7% dei fumatori dà un giudizio positivo dei prodotti senza combustione. Due fumatori sue tre che hanno superato la diffidenza hanno smesso del tutto di fumare le normali sigarette. Il 22,6% ne ha ridotto il consumo alternandolo ai nuovi prodotti. Un ruolo centrale lo gioca la fiscalità. Il fatto che questi prodotti, eliminando la combustione, siano meglio delle sigarette ha portato il 64,2% del campione dell’indagine Eurispes a ritenere necessario che questi prodotti debbano essere esclusi da tassazione per incentivare l’abbandono delle sigarette.
Un principio che non sembra trovare d’accordo l’Onorevole ed ex Ministro Lorenzo Fioramonti, che da giorni si batte in Parlamento per far approvare al Dl Rilancio un emendamento, che vede d’accordo anche la British American Tobacco, per far aumentare le tasse sul tabacco riscaldato. Secondo Fioramonti, che di questo ha sempre fatto un punto centrale delle proprie proposte politiche, la leva fiscale dovrebbe “servire ad indirizzare i consumi verso le merci ed i servizi che fanno bene alla salute e all’ambiente”. Giusto, peccato che alzando le tasse sul tabacco riscaldato, o sulle sigarette elettroniche, al pari delle sigarette tradizionali si raggiunga esattamente il risultato opposto, ossia far tornare le persone alle sigarette. Con l’effetto che chi avverte dei benefici sulla propria salute dal passaggio a questi prodotti alternativi se ha i soldi continuerà ad utilizzarli, mentre se non li ha e non riesce a smettere tornerà suo malgrado alle vecchie sigarette, creando così una disparità tra ricchi e poveri.
Eppure ci sembrava di aver capito che Fioramonti anche sul tema dell’uguaglianza di opportunità la pensasse esattamente in modo opposto. Forse intende questo, l’ex Ministro, quando scrive che approvare questo aumento di tasse sarebbe un segnale concreto per prendere le distanze dal Conte I, ossia da sé stesso, considerato che era uno dei rappresentanti di punta di quel Governo.
Redazione