Salute
Pulvirus, pubblicati i risultati sul legame tra Covid-19 e inquinamento
Di Daniele Bernardi
Ad aprile del 2020, le agenzie e gli enti dello Stato ENEA, ISS e SNPA hanno iniziato il progetto Pulvirus (dal latino pulvis, “polvere”, e virus, “veleno”), una ricerca sul legame tra COVID-19 e l’inquinamento delle nostre città. Lo scorso ottobre sono stati presentati i risultati dello studio.
Scopo del progetto era appunto scoprire e conoscere i legami tra il Covid-19 e l’inquinamento. L’analisi cercava di capire se vi fosse una relazione tra la diminuzione degli inquinanti atmosferici, su tutti il particolato, e le misure di contenimento messe in atto dal governo nel periodo del cosiddetto Lockdown. In secondo luogo, hanno cercato di stabilire se il particolato potesse costituire o meno un vettore per il virus, favorendone la diffusione.
Il primo punto della ricerca era di escludere dal computo generale quanto fosse inevitabilmente dovuto non al Lockdown quanto al normale effetto della meteorologia. A tal proposito è stato essenziale l’utilizzo di Intelligenze Artificiali, in grado di calcolare con esattezza l’impatto della misura sulla nostra qualità dell’aria. Fanno sapere gli scienziati che, seppur con una tendenza generale a sovrastimare il dato per valori di concentrazioni bassi e sottostimare per valori alti, i risultati ottenuti tramite l’IA sono altamente affidabili. L’impiego di algoritmi di Machine Learning ha quindi permesso di stimare come sarebbe stato il livello di inquinanti senza le misure restrittive impiegate dal governo e di confermare l’impatto di queste ultime.
Tra gli inquinanti esaminati nello studio, il biossido di azoto (NO2) è stato sicuramente quello con la più significativa riduzione delle emissioni attribuita al confinamento. Una diminuzione di entità inferiore è mostrata dal benzene (C6H6),dal monossido di carbonio (CO) e anche dal particolato (PM10 e PM2.5), ma solo in alcuni mesi. A tal proposito, è interessante notare come anche per questi inquinanti cali di diversa entità si siano osservati anche nei mesi successivi al Lockdown (molto successivi), risultato (suggeriscono nello studio) che potrebbe essere dovuto all’adozione dello smartworking come nuova modalità di lavoro anche nel post pandemia o, più semplicemente, al perpetuarsi delle misure governative nell’autunno del 2020. Infine, non è stata rilevata alcuna variazione significativa per l’ozono (O3).
Ma lo studio ha cercato di andare oltre: nel periodo considerato, sono state diverse le misure di contenimento e diversi aspetti della nostra vita e del nostro quotidiano sono stati toccati dalle misure adottate dal governo. Quali tra queste hanno maggiormente inciso sulle emissioni di agenti inquinanti e in che misura? I risultati mostrano che ad aver inciso maggiormente è stata la diminuzione del trasporto stradale con una conseguente riduzione di circa il 66% del particolato e perfino dell’87% per il monossido di carbonio. Mentre, il settore industriale è quello che ha maggiormente inciso sulla riduzione delle emissioni di ossidi di zolfo (circa il 90%) e per i composti organici volatili senza metano (circa l’80%). Di contro, nel settore terziario è stato registrato un incremento delle emissioni di particolato PM2.5. Ciò è legato ovviamente al fatto che le persone rimanevano più tempo nelle proprie abitazioni e che quindi utilizzavano maggiormente i sistemi di riscaldamento.
Il progetto, oltre che a far conoscere l’entità effettiva del calo di particelle inquinanti nell’aria delle nostre città, ha permesso di verificare l’attendibilità dei modelli matematici utilizzati nelle simulazioni. I risultati sono stati incredibilmente soddisfacenti: i modelli permettono effettivamente di prevedere con adeguata affidabilità gli effetti delle variazioni di emissioni sulle concentrazioni di inquinanti atmosferici.
Riguardo invece la maggiore o minore viralità del virus Sars-Cov2 in relazione alla qualità dell’aria, ENEA è giunta a risultati parziali, ma rimanda a una risposta più puntale a seguito di ulteriori studi, nel frattempo dalle analisi emergono alcuni elementi curiosi: risulta infatti che il particolato riduca la vitalità del virus e con essa la sua capacità di penetrazione negli organismi, di contro è anche vero che, in presenza di grandi quantità di particolato nell’aria, le condizioni di chi ha già la malattia peggiorano gravemente.
Al netto dei risultati, ENEA, ISS e SNPA, esortano i policy-makers a cambiare il proprio approccio nella lotta all’inquinamento dell’aria: “Lo studio ha mostrato che notevole attenzione deve essere prestata alla selezione di misure per contenere l’inquinamento atmosferico e che interventi mirati in un unico settore non necessariamente portano alle riduzioni di concentrazione auspicate, soprattutto per quanto concerne le polveri sottili. Risulta, quindi, fondamentale l’adozione di un approccio integrato che consideri gli impatti dovuti alle emissioni in atmosfera nella loro totalità, piuttosto che singolarmente”.