Politica
Ok al decreto sui servizi pubblici. In arrivo più concorrenza, anche nei trasporti
Di Giampiero Cinelli
Il Consiglio dei Ministri ha da poco approvato il decreto legislativo relativo al riordino della disciplina dei servizi pubblici locali. Si tratta dell’articolo 8 della legge n. 118 del 5 agosto 2021 (il Ddl Concorrenza). Il provvedimento è direttamente connesso all’attuazione del Pnrr ed è appunto necessario per incrementare l’accesso alla gestione dei servizi, in particolare i trasporti e i rifiuti, con forti criteri di competitività e una ben determinata modalità di gestione. Tra le finalità esposte all’inizio del testo c’è il “rafforzare e diffondere il ricorso al principio della concorrenza nei contratti di servizio pubblico locale”, “limitare gli affidamenti diretti”, favorire e incentivare le aggregazioni tra Comuni, “separare chiaramente le funzioni di regolamentazione e controllo e la gestione dei contratti di servizio pubblico, limitare la durata media dei contratti in-house”, nonché limitare i frazionamenti nelle assegnazioni.
Viene specificato che restano in vigore fino al 31 dicembre 2023 “le concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per l’esercizio delle attività turistico-ricreative e sportive, ivi comprese quelle di cui all’articolo 01, comma 1, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, quelle gestite dalle società e associazioni sportive iscritte al registro del CONI”. In sostanza, si sta parlando soprattutto degli stabilimenti balneari, per i quali il governo precedente era andato in impasse, arrivando poi a concordare uno slittamento. E la rimessa a gara terrà comunque conto del tempo adeguato all’imprenditore affinché sia riuscito ad ammortare gli investimenti fatti. Ad ogni modo, con questo atto il Cdm mette in chiaro che nei servizi pubblici gli affidamenti diretti, le proroghe o le soluzioni in-house saranno più efficacemente monitorati per accertarne la necessità. E l’ente pubblico avrà adempimenti più stringenti, atti a motivare perché non è ricorso al mercato nell’assegnazione. Sembra, infatti, che nello schema di delega del Parlamento, non figurasse l’obbligo da parte dell’amministrazione pubblica di motivare il ricorso all’in house, mentre ora dovrebbe delinearsi alla luce dei nuovi passaggi istituzionali.
Nel merito il deputato del Pd Andrea Giorgis ha dichiarato: «Il decreto come formulato introduce una probatio diabolica, perché l’ente locale per ricorrere all’in-house deve dimostrare e motivare in maniera espressa perché non può ricorrere al mercato. Si tratterebbe – ha ritenuto Giorgis – di un eccesso di delega che mortifica l’ente locale e distorce le esperienze e le competenze maturate a livello locali».
C’è l’elemento volto a tutelare il livello occupazionale nel caso di subentro di un nuovo soggetto. Anche se in relazione a ciò non sono mancate obiezioni in sede di Commissione in Senato. Secondo il M5S “le principali criticità risiedono nell’insufficiente tutela occupazionale, nell’indicazione della qualità del servizio solo sulla base dell’efficienza, nel riferimento ai trasporti pubblici, nonostante la normativa di settore non presenti carenze”.
La Commissione Affari Costituzionali del Senato, nel suo parere di approvazione, aveva indicato alcune condizioni da rispettare, come la semplificazione sulla definizione degli atti regolatori propedeutici alla stipula del servizio, nella prospettiva di alleggerire gli oneri amministrativi e burocratici in capo agli enti locali e la semplificazione del quadro regolatorio sulla rendicontazione annuale, eliminando in particolare la necessità di riportare, nella relazione, le singole proposte gestionali pervenute all’ente competente nel periodo di riferimento e coordinando lo schema di decreto con la disciplina sulla ricognizione annuale relativa alle società in-house.
Un altro indirizzo potenzialmente molto utile che è stato considerato, è quello di rendere l’Anac – l’Autorità nazionale anti-corruzione – destinatario diretto dei dati e degli atti.