Ambiente
Luci e ombre sulla sostenibilità del Mondiale in Qatar
Di Daniele Bernardi
I Mondiali stanno per terminare, tempo di fare un bilancio, e non solo per le squadre: si è molto discusso in queste settimane dell’impatto che una competizione del genere in un territorio non del tutto amichevole come quello del Qatar possa avere sull’ambiente. Tra uno studio e l’altro, proviamo a fare chiarezza. Siamo ormai arrivati alla fine, domenica scopriremo chi, tra gli attuali campioni del mondo della Francia e l’Argentina di Messi, Dybala e Lautaro Martinez, vincerà la ventiduesima edizione della Coppa del Mondo di calcio in Qatar. Al contempo, sappiamo già chi questo Mondiale l’ha perso… l’ambiente.
In un paese che non garantisce l’acqua potabile ai suoi cittadini, ogni giorno vengono impiegati 10 mila litri di acqua per stadio solo per irrigare il campo. Ma come ci riescono? Desalinizzando l’acqua marina, un’operazione che ha un fortissimo impatto sull’ambiente. Per attuare questo processo, vengono impiegate grandi quantità di combustibili fossili e l’immissione di materiali chimici tossici per la fauna e la flora marina (la cosiddetta “salamoia”). Sono circa 144 i campi da irrigare, una superficie immensa per quella che è la scarsa disponibilità di acqua del Qatar, a cui si aggiungono 425 mila metri quadrati di erba “di riserva”, coltivati nei pressi di Doha.
Il Qatar aveva più volte promesso, prima dell’inizio della competizione, che si sarebbe trattato di un torneo pienamente sostenibile e ad emissioni zero. Un’affermazione che, sostengono le associazioni ambientaliste, non è altro che un’ottima trovata pubblicitaria, un esempio di greenwashing. Ciononostante, l’affermazione dell’amministrazione qatariota non è stata proprio del tutto campata in aria: effettivamente, le emissioni di CO2 sono state via via compensate tramite l’acquisto di crediti. Secondo quanto si legge sul sito del Mondiale, la competizione sarebbe carbon neutral: tutte le emissioni (gli organizzatori hanno dichiarato ammonterebbero a circa 3,6 milioni di tonnellate di CO2) sarebbero infatti compensate o riassorbite. Ma siamo proprio sicuri che sia così?
A complicare le cose c’è che la quasi totalità degli stadi e delle strutture è stata costruita da zero, e laddove già esistevano, essi sono stati completamente ristrutturati, lavori che hanno richiesto un fortissimo sforzo e prodotto ingenti danni all’ambiente. Ma l’amministrazione qatariota cerca di “metterci una pezza” e per compensare ha costruito i nuovi stadi con materiali del posto, riciclati o riutilizzati, materiali che permettono lo spostamento di uno di questo stadi al termine della competizione.
Un altro aspetto che fa molto discutere di questo Mondiale sul fronte della sostenibilità, o meglio della mancata sostenibilità, è il raffreddamento degli stadi. Come si sa il Qatar è molto caldo, anche se questa edizione della Coppa del Mondo avviene d’inverno, e l’organizzazione ha scelto di raffreddare mediante condizionatori l’interno degli stadi. Una scelta che ha fatto molto discutere ma la cui risposta delle autorità qatariote non si è fatta attendere: si tratta, spiegano, di un sistema di raffreddamento innovativo e più sostenibile che riutilizza l’aria già raffreddata mediante acqua refrigerata nelle condutture, risparmiando il 40% di energia.
Le strategie effettivamente messe in campo dal Qatar in nome dell’ambiente non sono poche: la competizione, al contrario delle precedenti, si svolge interamente a Doha, con la possibilità di limitare gli spostamenti (rigorosamente su trasporti elettrici), per l’occasione è stato costruito un impianto fotovoltaico di oltre 10 chilometri quadrati (un investimento che rimarrà in piedi anche dopo il Mondiale) e aree verdi che dovrebbero servire ad assorbire parte della CO2 emessa.
Tuttavia, secondo uno studio dell’organizzazione Carbon Market Watch, le stime della FIFA sarebbero errate e la quantità di anidride carbonica realmente emessa sarebbe molto più alta di quanto dichiarato dagli organizzatori.
Insomma, questo Mondiale ha sicuramente fatto molto discutere: i diritti dei lavoratori calpestati, questioni politiche irrisolte, la mancanza di una garanzia certa dei diritti civili. Non di meno, l’ambiente è stato un altro elemento di scontro tra una scarsa trasparenza e promesse probabilmente non mantenute.