Intendiamoci bene: nulla è mai “dettaglio” in una legge di bilancio. Ogni comma, ogni virgola, ogni emendamento approvato o invece respinto, significano soldi-speranza-futuro o al contrario tagli-crisi-buio per l’uno o l’altro settore. E poiché notoriamente l’economia è la scienza che si occupa dell’uso di mezzi scarsi a fini alternativi, è evidente che – essendo limitato l’ammontare delle risorse in gioco – ogni scelta sia un fatto di vita o di morte per una filiera di imprese, per un comparto produttivo, per un pezzo del sistema industriale.
Tuttavia, in termini di analisi mediatica, dovrebbe esserci una maggiore capacità di distinguere, di separare i piani. Da un lato, occorrerebbe essere capaci – settore per settore – di spiegare ai cittadini quali scelte siano in gioco, anche accompagnando in modo limpido e trasparente la fisiologica battaglia dei portatori di interesse, durante l’iter di una manovra: perché è opportuno destinare fondi a un certo settore, o perché – sosterranno altri – sia meglio dirottare le risorse altrove. Ambito per ambito, sarebbe fondamentale un’informazione dialettica, aperta, contraddittoria, che consenta al maggior numero possibile di persone di essere informate, e pure ai decisori (nelle settimane cruciali in cui le decisioni devono essere prese) di essere aiutati da un dibattito libero e vibrante.
Dall’altro lato, però, servirebbe un lavoro giornalistico e di commento che non si limiti all’analisi spezzettata, ma tenga d’occhio l’insieme, la direzione di marcia complessiva della manovra. Detto in termini ultrasemplificati: cosa si fa (o cosa non si fa) sulle tre macroquestioni delle tasse, della spesa e del debito. Tanto quanto con il primo lavoro mediatico (quello di cui parlavamo in precedenza) torna utile lo zoom o addirittura il microscopio, per andare a isolare ogni singolo dettaglio settore per settore, in quest’altro caso – invece – servirebbe una visione d’insieme, la capacità di sollevare lo sguardo. Per dedicare un pezzo del dibattito a dove si voglia portare il paese, anche invitando la maggioranza e l’opposizione a definire meglio davanti all’opinione pubblica la loro direzione di marcia complessiva.
Ecco, finora questo secondo momento è totalmente mancato. Da settimane ci affatichiamo su questioni di dettaglio (il pos, il bonus cultura: per citare solo gli ultimi due esempi), mentre sembra totalmente mancare una discussione strategica. E, se non aiutano i media, c’è da dubitare che lo faccia la politica con le sue sole forze: con il rischio che tutto si riduca a un logorante “day by day”, a una spossante lite quotidiana oggi sulla misura “a” e domani sulla misura “b”. Dopo di che, le illusioni delle “bolle” e il gioco di specchi tra editoria tradizionale e canali social danno la sensazione che, per un fazzoletto di ore, la questione “a” sia decisiva, salvo essere spazzata via poche ore dopo dalla “b”, e così via. Ma, tra una luccicante lite e l’altra, tra il rumore di una rissa e quello della rissa successiva, poi non resta granché.