Esteri
La ricerca dell’assestamento internazionale nei bilaterali Macron-Biden e Michel-Xi
Di Giampiero Gramaglia
Un’Europa strabica, ma che porta a casa qualche risultato, almeno nella speranza di socchiudere spiragli di pace in Ucraina. Nello stesso giorno, il presidente del Consiglio europeo Charles Michel incontra a Pechino il presidente cinese Xi Jinping e il presidente francese Emmanuel Macron fa visita a Washington al presidente Usa Joe Biden. Tra i due eventi, centrale – e non è solo questione di longitudine e quindi di orario -, si colloca una conferenza stampa del ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, che parla la lingua di chi cerca il negoziato e indica persino il possibile mediatore nella persona di un suo vecchio amico americano John Kerry – tra il 2013 e il 2017, quando facevano entrambi lo stesso mestiere di capo della diplomazia dei rispettivi Paesi, s’incontrarono oltre 50 volte -.
Ha più eco e dà più notizie il colloquio tra Macron e Biden. Ne escono due cose: una disponibilità di Biden a incontrare il presidente russo Vladimir Putin, se dovesse mostrare interesse a porre termine alla guerra; e un appuntamento per la pace a Parigi il 13 dicembre – resta da vedere chi ci sarà e che cosa ne verrà fuori -. Macron s’impegna a chiamare Putin per spiegargli che qualcosa si può muovere a Occidente, se lui – e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky – non stanno fermi sulle loro rispettive posizioni aprioristiche.
In realtà chi guarda le cose da Bruxelles vede, nel dialogo tra Macron e Biden e nella successiva conferenza stampa congiunta dei due presidenti, più un ramoscello d’olivo offerto dagli Usa all’Ue per sventare ‘guerre’ economico-industriali che passi avanti verso lo stop al conflitto in Ucraina, dopo settimane – scrive Politico – “di escalation retorica da parte degli europei, che accusavano Washington di approfittare dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia per danneggiare l’economia europea con provvedimenti tipo ‘Buy American’”. Insomma, gli europei dovevano sostenere, oltre che le conseguenze energetiche dell’invasione russa e le ritorsioni alle sanzioni, anche il peso delle misure statunitensi: di qui, la soddisfazione per i toni di Biden, che – dicono fonti dell’Eliseo – ha accettato di “risincronizzare” gli approcci a sostegno delle rispettive economie – anche qui, che cosa questo significhi in concreto resta da vedere -.
Più complicato, per il momento in cui s’è svolto, e più fumoso nelle conclusioni l’incontro di Michel con Xi. La visita ‘solitaria’ del presidente del Consiglio europeo, che dovrebbe istituzionalmente presentarsi in coppia con la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, ha dato plastica evidenza alla situazione di separati in casa dei due, di cui molto e sempre più si chiacchiera a Bruxelles – ‘galeotta’ fu la sedia che il presidente turco Racep Tayyip Erdogan non offrì a UvdL, con il suo in visita ad Ankara il 7 aprile 2021, e che Michel non le cedette -. Xi non poteva badare molto all’interlocutore europeo: per lui, la giornata di giovedì era piena di eventi interni, dall’arrivo a Pechino della salma di Jiang Zemin, un suo storico predecessore, deceduto all’età di 96 anni – salì al potere dopo la strage di Tian Anmen nel 1989 e vi restò fino al 2002 -, alla necessità di tenere sotto controllo le proteste contro il drastico – e forse ormai anacronistico – impatto della politica ‘zero Covid’.
Al di là delle positive valutazioni da parte francese, il colloquio tra Macron e Biden non ha certo risolto tutti i problemi transatlantici, né ha ri-orientato sull’Europa l’attenzione degli Stati Uniti volta al Pacifico. E non ha neppure impresso una svolta immediata nel conflitto ucraino: Biden s’impegna a muoversi – come ha del resto fatto finora – in sintonia con gli alleati europei in ambito Nato, ma, pur aprendo al dialogo con Putin -, valuta un’espansione dei programmi di aiuti a Kiev – economici per la ricostruzione, quando sarà il momento, ma, nell’immediato, armi ed equipaggiamenti e l’addestramento al loro uso di migliaia di militari ucraini in una base in Germania -. Il comunicato tra Francia e Stati Uniti, più articolato delle dichiarazioni dei leader alla stampa, ribadisce l’impegno a dare sostegno all’Ucraina “finché sarà necessario”, senza imporle la pace, e a perseguire i crimini di guerra di Mosca.
Claudio Salvalaggio, il corrispondente dell’ANSA da Washington, sintetizza il bilancio dell’incontro tra Macron e Biden in tre punti: 1) sulla guerra in Ucraina, un’apertura su un negoziato di pace possibile e sull’ipotesi di “parlare con Putin”; 2) sulle relazioni con l’Ue, qualche ipotetico correttivo ai sussidi Usa, in particolare alle energie rinnovabili; 3) sulla Cina, una linea di compromesso (vaga e generica), per evitare che gli europei facciano le spese del confronto di ambizioni geo-politiche ed economiche tra Washington e Pechino-.
Macron e Biden hanno parlato e si sono comportati da vecchi amici – del resto, la Francia è l’unico grande Paese con cui gli Stati Uniti non sono mai stati in guerra, nella loro bellicosa storia di ben presto 250 anni -: dichiarazioni caramellose, pacche sulle spalle, convivialità e sintonia condivisa delle due ‘first ladies’, che sono entrambe insegnanti. “Gli Usa non potrebbero avere miglior partner con cui lavorare insieme”, dice Biden: e con i partner, si discute, prima di decidere che cosa fare insieme.