Politica
Bonaccini contro Elly Schlein. Due squadre in campo: chi le compone e chi le appoggia
Di Ettore Maria Colombo
“Competition is competition” direbbe Prodi. Le primarie dem prendono finalmente forma. Il duello è Bonaccini Schlein
Competition is competition, dunque, direbbe Romano Prodi, uno che di primarie se ne intende. E che, non a caso, ama dire che “alle primarie deve scorrere il sangue”. Allo stato, la gara c’è e sarà tra Stefano Bonaccini, che si è candidato ieri dalla sua città (Campogalliano, provincia di Modena), chiedendo un “Pd da combattimento” e rivendicando “di non essere mai stato in correnti” ma anche un tono cavalleresco per gli avversari (“Elly mia avversaria? Ma io le voglio bene!”). E, appunto, Elly Schlein, il cui lancio non dovrebbe tardare di molto, in vista del congresso super anticipato del Pd (la data finale per le primarie aperte è fissata al 19 febbraio 2023). Tutti i candidati (che potranno presentarsi fino al 27 gennaio 2023) saranno votati prima dagli iscritti dem, entro il 12 febbraio. La settimana successiva, il 19, si svolgeranno le primarie tra i primi due classificati nel voto dei tesserati. Nessun problema per Schlein, attualmente non iscritta: lo statuto Pd è stato modificato per considerare automaticamente iscritti coloro che partecipano al percorso costituente e che decidono di sottoscrivere una candidatura o di candidarsi alla segreteria (ormai nota, appunto, come ‘norma salva Schlein’, e così è se vi pare).
Terzi incomodi restano, allo stato, Paola De Micheli (piacentina, ex ministro, ex lettiana, ex zingarettiana), che dovrebbe confermare la sua corsa in solitaria, e Matteo Ricci (sindaco di Pesaro). La prima, baldanzosa, dice a Sky: «Io voglio un Pd forte e vincente, solo in questo modo possiamo immaginare di costruire alleanze forti e vincenti, sui territori e in Parlamento». Ricci annuncia un appuntamento per venerdì 25 novembre a Roma dove vuole raccontare le sue idee innovative sul Pd, anche se Ricci potrebbe, alla fine, convergere proprio su Bonaccini. I campioni della sinistra (Andrea Orlando, Peppe Provenzano, Nicola Zingaretti) dovrebbero correre sì, ma in soccorso di Elly, non da soli, come pure dovrebbero fare i lettiani mentre dei (pochi) prodiani rimasti (Zampa), a oggi non si ha notizia di come si schiereranno. Raccontiamo le due squadre principali in campo, partendo da quella del governatore, la più oliata.
La ‘macchina da guerra’ dei Bonaccini boys: sindaci, donne, giovani e cuore tosco-emiliano
Bonaccini ha a disposizione una ‘macchina’ che, per mesi, forse per anni, è rimasta dormiente. E la ‘macchina’ del partito – la sola rimasta in vita, quella emiliano-romagnola – ha una sua forza, una sua recondita bellezza, una sua precisione. Sarà pur vero, lo si diceva nel Pci di Togliatti, che “dall’Emilia vengono buoni amministratori, non buoni segretari di partito”, ma era lo stesso leader che scrisse “Ceti medi ed Emilia rossa”, il cui concetto base era: se vuoi conquistare l’Italia, devi partire da lì. Ecco, la macchina del segretario (in pectore, per ora è solo governatore di regione) Stefano Bonaccini era già pronta. Mesi ‘prima’ dell’annuncio formale della candidatura, arrivato solo ieri, dopo mesi tentennanti, attesi fin troppo. A Rimini, durante la campagna elettorale, quasi alla fine, vi fu un incontro di e tra sindaci – Bari, Bergamo, etc. che vide il governatore in format guest star. Insomma, la spinta a candidarlo c’era, l’arrivo della batosta elettorale e poi quello dell’UFO Elly Schlein ha fatto il resto, ha deciso anche il governatore che era ora del grande passo, che il Rubicone andava varcato, e pure di fretta.
Ma le alleanze, Bonaccini, le vuole solo con i sindaci, gli amministratori, e pure con alcuni governatori. Sceglierà uomini e donne nei territori (uno in ogni provincia, quasi in ogni campanile): referenti locali e nazionali, come ex parlamentari. No secco all’appoggio delle correnti, almeno all’apparenza, ma Base Riformista di Guerini c’è, e scatenata, su di lui, come ci saranno i Giovani turchi di Orfini. Poi ci sono le donne.
Con il loro appello per un congresso in tempi ravvicinati hanno fatto il botto (oltre mille firme raccolte in poche settimane) e, in pratica, stanno tutte con lui: Fedeli, Puglisi, Morani, Moretti, Di Salvo, Bruno Bossio e molte altre, fino a una macchina da guerra e di preferenze del Pd romano, Patrizia Prestipino: martedì 22 novembre organizza un’iniziativa all’Ostiense, “Ricostruzione democratica”, cui potrebbe partecipare pure Bonaccini, oltre che il candidato in regione Lazio, l’assessore Alessio D’Amato.
E proprio l’esperienza elettorale della Prestipino, che si è candidata ‘a mani nude’ in un collegio uninominale di Roma sud, perdendolo nonostante il buon risultato conseguito, avrebbe indotto, ieri, a Bonaccini l’amara riflessione: «Mi ha fatto impressione vedere tutti i dirigenti del Pd candidati nei listini e non nei collegi uninominali, a conquistarsi i voti uno a uno, come fanno i sindaci”, passaggio cui arriva l’applauso più forte».
La squadra di lavoro, il ‘dream team’ di Bonaccini è presto detta: in prima fila ci sono Andrea Rossi, organizzatore dei territori, fidato braccio destro del governatore, uno uso a ‘obbedir tacendo’, tosto, roccioso, silenzioso; Luigi Tosiani, segretario regionale del Pd emiliano, coordinatore della mozione sui territori; e Davide Baruffi, sottosegretario alla Presidenza della Regione, neo-coordinatore della campagna.
Poi c’è lo stratega della comunicazione, Marco Agnoletti, che fu portavoce di Matteo Renzi, e un’agenzia di giovani sui social, l’agenzia Piave.
Il ‘cuore’ della mozione Bonaccini, però, non sta solo in Emilia-Romagna, la sua regione, dove già lavorano, per ramificare la rete, il deputato bolognese Andrea De Maria, l’ex Gianluigi Benamati, l’europarlamentare Elisabetta Gualmini, i ‘ribelli’ under 40 di Davide Di Noi (Rigenerazione dem), la sindaca di San Lazzaro (ex Iv) Isabella Conti e tanti altri. Senza dimenticare l’ex capogruppo alla Camera, Graziano Delrio, cattolico ed emiliano superdoc. Ma scollina lungo la linea Gotica fin in Toscana: ieri, a Campogalliano, c’erano il governatore, Eugenio Giani, e il presidente del consiglio regionale, Antonio Mazzeo, uomo discreto, ma efficiente, che porta in dote un altro fortino dem, con la segretaria regionale, Simona Bonafé.
Nelle regioni, come nei ceti produttivi, del Nord la necessità di sfondare è affidata ai sindaci: Giorgio Gori (Bergamo), Emilio Delbono (Brescia), ma anche Beppe Sala (Milano). Più difficoltà si registrano in Piemonte e in Veneto, ma è già della partita Stefano Lo Russo (Torino).
I dolori iniziano dal Lazio – regno incontrastato della sinistra interna, da Bettini fino a Zingaretti – e, soprattutto, nel Sud: Campania, Sicilia, Puglia, dove però il sindaco di Bari, Decaro, sta con lui. Lì trovare consensi sia alle primarie ‘semi-chiuse’ (il primo giro, tra gli iscritti, ora aperto anche ai ‘non’ iscritti e il secondo, quello tra gli elettori) non sarà facile. L’accordo di volta e di svolta potrebbe essere quello con il sindaco di Firenze, Dario Nardella, fino a ieri tentato dalla corsa in solitaria, che ha una sua rete e fa asse al Centro con il sindaco di Bologna, Matteo Lepore (anti-bonacciniano, di suo) e con quello di Napoli, Gaetano Manfredi. I ‘Nardella boys’ s’incontrano il 27 novembre a Roma per decidere. In ogni caso, Bonaccini sa che il suo tallone d’Achille è e resta il Sud. Non a caso vuol partire da lì nel suo primo tour in giro per l’Italia, e cercare l’appoggio di donne, giovani, sindaci, meglio ancora se donne ‘e’ giovani ‘e’ sindaci.
La squadra di Elly, ancora tutta in formazione
Dall’altra parte, c’è Elly Schlein. Con lei ci sono i giovani di ‘Occupy Pd’ di Brando Benifei, le Sardine di Mattia Sartori, un pezzo di sinistra, quella di Peppe Provenzano, in modo convinto, e un altro pezzo, quello di Orlando, assai meno, ma che ha ancora una rete molto forte, nel partito, e che è tentato dalla corsa in solitaria, convinto di potercela fare nel primo giro, tra gli iscritti, anche a costo di finire poi comunque sconfitto, alla fine.
Inoltre, bisognerà vedere su quale candidato si posizionerà Art. 1 di Speranza-Bersani-Scotto, i quali, con le nuove regole, potranno partecipare alla fase costituente come partito organizzato.
Con la Schlein c’è pure Dario Franceschini, con la sua Area dem. Per ragioni di pura tattica, l’ex diccì, re del correntismo interno, sta con lei, con Elly perché – come dice con inusitata cattiveria un ex parlamentare – “Dario è come un vampiro: per continuare a esistere ha bisogno del sangue altrui, e che scorra copioso, pur se l’ultimo ‘donatore di sangue’, la Schlein, è una Lgbtq, quanto di più lontano si possa trovare da lui…”.
E se i lettiani si devono ancora posizionare – ma, a occhio, si schiereranno con la Schlein, portandole in dote, soprattutto Francesco Boccia, la Puglia e un altro bel pezzo di Sud – e i pochi prodiani rimasti, come Sandra Zampa, pure, resta decisivo vedere e capire se la sinistra dem, cioè l’area Orlando, ieri iper-critico contro i tempi, secondo lui troppo tagliati, del congresso (“Mi pare, che al di là della buona volontà dei progettisti di questo percorso, si vada, nei fatti, verso un congresso ordinario. È la costituente più breve della storia delle forze politiche. Spero di sbagliarmi, per il bene del Pd” ha detto ieri), l’appoggerà in modo compatto o si dividerà.
Ma se la rete di Elly si deve ancora strutturare, quella di Bonaccini già c’è. E macina consensi.