Sono riprese in settimana le grandi manovre dei partiti dopo la pausa estiva e in vista delle elezioni regionali di Sicilia, ultimo grande banco di prova prima delle politiche del prossimo anno. L’appuntamento siciliano di novembre può essere infatti assunto a vero e proprio test per valutare lo stato di salute dei protagonisti della politica nazionale a pochi mesi dalla conclusione della legislatura. Nel centrosinistra, se pare ricomposta la frattura Renzi-Crocetta dopo il passo indietro del governatore e la scelta di appoggiare il candidato ufficiale Fabrizio Micari, il timore è che una sconfitta possa innescare l’ennesima crisi in seno alla segreteria Pd e attorno alla leadership di Matteo Renzi, con tutte le ripercussioni del caso in vista delle politiche.
Di vero e proprio “modello Sicilia” ha invece scritto il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi dopo aver ricompattato il centrodestra attorno al profilo di Nello Musumeci e auspicando di poter riproporre lo schema unitario anche a livello nazionale. Molto passerà per il rapporto con il segretario leghista Matteo Salvini, che ambendo a un ruolo da protagonista prima e dopo le politiche del 2018 non intende cedere all’ex cavaliere la palma di federatore del centrodestra, tanto più quando la Lega pare aver sopravanzato gli azzurri nel gradimento degli italiani.
È però il Movimento 5 Stelle il vero favorito della tornata siciliana: in palio c’è la conquista della sua prima regione, un eccellente viatico in vista della difficile scalata a Palazzo Chigi, benché l’esperienza di governo nella Capitale insegni che prestigiose vittorie locali possono tramutarsi anche molto rapidamente in dolorosissimi boomerang. Il ritorno di un clima pre-elettorale è confermato dalle ultime rilevazioni statistiche e dal riaccendersi del dibattito politico. Ma più delle pur prevedibili oscillazioni fra le principali formazioni partitiche, con il M5s e il Pd avvinghiati in un serrato corpo a corpo e a distanziare gli altri (cfr. tabelle), quello che colpisce è l’emergere di due tendenze apparentemente antitetiche.
Da una parte la forte insofferenza verso un quadro politico dominato dall’incertezza e dalle frustrazioni dell’elettorato verso un sistema dei partiti che non riesce a rigenerare sé stesso. Lo dimostra il brusco rimettersi in moto della crescita nei consensi del M5s, che fra giugno e settembre guadagna due punti percentuali secondo le rilevazioni di Demos. Dall’altra c’è invece la domanda di stabilità in un’era segnata dal persistere di profonde incertezze. Basti pensare alla stessa ripresa economica, che pure se in netto rafforzamento, non ha potuto ancora nulla per impattare positivamente sugli standard di vita degli italiani. In un clima di antipolitica e di crescita dei populismi, non è allora un caso se ad affermarsi più degli altri sia il profilo dell’attuale Premier Paolo Gentiloni, con un indice di gradimento popolare che sfiora la maggioranza assoluta (49%), o di un ministro come Marco Minniti che ha fatto del termine “sicurezza” la priorità e la bussola del suo incarico agli Interni.
Alberto De Sanctis