Esteri

Israele e Libano, l’accordo storico su gas e confini marittimi mediato dagli Usa

11
Ottobre 2022
Di Flavia Iannilli

Lo sfruttamento di importanti giacimenti di gas situati in territori contesi tra Libano e Israele aveva fatto sospendere l’accordo marittimo tra i due paesi alla fine della scorsa settimana. Un misunderstanding basato sulla cosiddetta “linea delle boe” che si estende per 6 Km partendo da Ras Naqoura e posta all’indomani del ritiro israeliano nel maggio del 2000.

A cercare di sbrogliare la matassa ognuno dal proprio capo vi sono le due parti e un mediatore di eccellenza: Amos Hochstein, inviato speciale americano. Nella proposta dell’intermediario Usa il confine che delimita la Zee (Zona economica esclusiva) dei due paesi segue il tracciato della “linea delle boe” prima di raggiungere la linea 23 prestata al confine marittimo meridionale. Un passaggio definito “status quo” da Hochstein, ma, sotto spinta di Hezbollah, la controparte libanese non la pensa allo stesso modo e chiede che venga messo per iscritto che tale linea viene imposta “di fatto”. Il negoziato si congela con entrambe le parti che rimangono ferme sulle proprie posizioni, tanto da far temere una escalation militare.

Ma la brusca battuta d’arresto non ha bloccato i colloqui indiretti susseguitisi nel weekend. Nella giornata di oggi Israele ha annunciato “l’accordo storico” con il Libano su confini marittimi e gas. Un obiettivo tutt’altro che scontato a causa della mancanza di rapporti diplomatici tra i paesi, i quali sono ancora formalmente in guerra.

A far tirare un sospiro di sollievo sono le dichiarazioni in una nota stampa di Eyat Hulata, consigliere per la sicurezza nazionale israeliano e capo negoziatore ai colloqui: “Tutte le nostre richieste sono state accolte, i cambiamenti che avevamo chiesto sono stati implementati. Abbiamo protetto gli interessi della sicurezza israeliana e ora siamo sulla buona strada per un accordo storico”.

A dare merito al mediatore americano non sono solo gli osservatori della vicenda. Già in precedenza Elias Bou Saab, vicepresidente del parlamento del Libano, incaricato dal presidente Michel Aoun di controllare il dossier relativo ai confini marittimi, aveva dichiarato: «Se tutto va bene, gli sforzi di Amos Hochstein potrebbero portare a un accordo storico».

L’ultimo nodo da sciogliere, oltre a quello spiegato precedentemente, si riferiva al giacimento di gas di Qana. A quanto pare a correre in soccorso dell’inviato speciale degli Usa è stata la Francia che ha svolto un’azione diplomatica intensa dopo il rifiuto di Israele alle osservazioni arrivate dal Libano. La Francia, insieme alle garanzie statunitensi, ha specificato che le attività di Total prenderanno il proprio corso non appena l’accordo verrà firmato.

Non è da sottovalutare neanche la tempistica della firma date le imminenti scadenze elettorali in entrambi i paesi. Voci di corridoio dicono che l’ultima “stretta di mano” dovrebbe essere il 20 ottobre, giusto in tempo per la scadenza sia del mandato del Presidente libanese Michel Aoun (fine mandato 31 ottobre) sia del Premier israeliano Yair Lapid (primo novembre elezioni parlamentari) che ha definito il traguardo raggiunto così su twitter:

Ma non tutti sono soddisfatti. L’intesa è stata contestata dall’ex premier israeliano Benyamin Netanyahu il quale ha accusato Lapid e il suo governo di aver ceduto ai “ricatti” di Hezbollah. Mentre in Libano Hassan Nasrallah, segretario generale del partito sciita, si è premurato di far sapere che i poteri relativi al fascicolo per la delimitazione del confine conferiti ad Aoun non verranno mantenuti alla fine del mandato dell’attuale presidente.

In attesa di capire la reale durata pacifica di questo accordo, si può dire che si apre più di uno spiraglio a nuove esplorazioni di petrolio e gas nel Mediterraneo orientale e questo grazie ai mediatori che sono riusciti a far sedere le parti per trovare un punto comune. Gli stessi mediatori, o meglio negoziatori, che mancano per fermare la guerra in Ucraina.