Economia
Sfuma il price cap ma il gas scende. La partita a scacchi dell’energia
Di Giampiero Cinelli
Energia, inflazione, price cap. Giusto vederci chiaro dopo il vertice dei ministri Ue dell’energia di stamane. Cercando di uscire fuori dalla retorica vuota a cui troppo stiamo assistendo. Com’era temibile, la riunione europea non ha portato alla definizione del tetto al prezzo del gas importato, ma a una bozza di interventi tecnici che verrà delineata meglio fino all’approvazione prevista per la prima o la terza settimana di ottobre. Draghi sarà ancora premier, potrebbe essere la sua ultima riunione a Bruxelles. Tra i punti, rientra la riduzione del consumo di energia per ogni singolo Paese e l’estensione della deroga agli aiuti di Stato per sostenere le aziende in difficoltà.
Le difficoltà pratiche di un tetto al prezzo
Ma insomma perché il price cap è per ora sfumato? Semplicemente perché un limite al prezzo su decisione unilaterale non si può mettere se l’altra parte non è d’accordo. Il muro contro muro può anzi far decidere al fornitore di alzare il costo, siccome è incerto sui futuri rapporti con l’acquirente. Lo sa la Germania, molto in apprensione negli ultimi tempi, che infatti non appoggia questa soluzione. Si pensa però di proporre un tetto al prezzo con gli altri fornitori al di fuori della Russia. Ossia l’Algeria, la Norvegia, il Qatar, gli Stati Uniti, che ad ogni modo possono avvantaggiarsi economicamente dalla riduzione del perimetro russo. Vladimir Putin, però, ha intanto interrotto l’erogazione dal gasdotto Nord Stream 1 a tempo indefinito. Non bene. Poiché anche quando si creano squilibri tra domanda e offerta, il prezzo può salire.
Tuttavia il prezzo del gas per megawatt/ora sta cominciando a scendere sull’indice della borsa di Amsterdam. Segno del fatto che le forti oscillazioni di prezzo non dipendono sempre dall’effettivo rapporto tra domanda e offerta nel mercato, ma da dinamiche finanziarie speculative. Ed è troppo ottimistico ritenere che gli operatori di borsa facciano le loro operazioni in base a valutazioni obiettive sul futuro andamento del settore energetico. Ieri il TTF ha chiuso a 221,11 euro al Mg/h, dopo il picco dei 339 euro del 26 agosto. Dal 5 settembre il prezzo ha ceduto il 30% (Un anno fa nello stesso mese era a 27 euro Mg/h). Perché la frenata? Neppure la finanza è onnipotente e può accorgersi di star segando il ramo su cui è seduta. I prezzi folli creano tensioni anche sui derivati che molte aziende usano per difendersi dai rialzi, in particolare le società di servizi essenziali quotate in borsa, le quali stanno premendo sui governi. Ecco anche perché è difficile approntare misure sugli extraprofitti di quest’ultime. Anche se l’idea è ancora sul tavolo e i ministri Ue ne hanno parlato. Ma allora forse sarà più agevole discutere interventi specifici sugli strumenti borsistici.
Il nodo stoccaggi
Quindi la questione scorte. In Europa c’è chi è a buon punto sugli stoccaggi, (come Italia e Francia) e chi no. Nel vecchio continente potrebbero infine mancare 20 miliardi di metri cubi di gas da gennaio. Nello scenario peggiore i “fornitori amici” verrebbero incontro? Gli Usa assicurano che non lasceranno soli gli europei. C’è da sperarci, perché sarebbe l’unico modo affinché la prosecuzione del supporto bellico in Ucraina possa andare avanti senza far montare le proteste delle popolazioni. Intanto il Regno Unito ha annunciato un maxi piano da 100 miliardi per contrastare il caro bollette e le crisi aziendali. In Italia invece siamo ai sottomultipli e la discussione sulla conversione in legge del Decreto Aiuti Bis è slittata al 13 settembre. I cittadini dal nuovo governo vogliono innanzi tutto risolutezza.