Politica
Letta e Meloni, i “nemiamici”
Di Pietro Cristoferi
Un duello a distanza per ora quello tra Letta e Meloni.
Roma, Piazza dei Santi Apostoli. Il clima è quello delle grandi occasioni e il pubblico freme nell’attesa delle parole del Segretario. Dopo la passerella di Gualtieri, Malpezzi, Schlein e infine Zingaretti eccolo che arriva: dal suo metro e 83 il professore che fino a 18 mesi fa occupava la cattedra di SciencePo a Parigi, si trova ora ad arringare le piazze del centrosinistra. I sondaggi, si sa, fanno male: e il cammino verso il voto è costellato di dati e di previsioni degli istituti demoscopici. Enrico Letta dà una accurata spiegazione del posizionamento del partito: i valori del centrosinistra, la sfida contro le destre che incombono, il lavoro, le disuguaglianze, l’ambiente.
L’agenda illustrata da Letta ha il colore rosso identitario della sinistra, molto meno i colori di quella di Draghi, che sembrano archiviati al passato. Del resto il Segretario non ha nascosto la necessità di superare i governi di unità nazionale e di cercare di non trovarsi più a dialogare con chi è diametralmente opposto ideologicamente.
Il suo principale obiettivo è uno: rinfrancare la folla sulla rincorsa alla coalizione di centrodestra. Anche dalle parole usate dello stesso segretario tutto sembra indicare una partita in cui risulteranno, almeno come coalizione, secondi; tuttavia deve anche rassicurare i militanti che il centrodestra non ha ancora stravinto. Come? La battaglia da giocare è quella del c.d. “voto utile” nei 62 collegi che i sondaggisti hanno detto a Letta essere contendibili. Ecco allora che gli avversari dei colpi sferrati dal segretario sono i draghiani del terzo polo e il M5S di Conte. Convincere questo voto a spostarsi sul PD più che evitare la sconfitta con un ribaltone, permetterà perlomeno di “non vincere” magari di misura, parafrasando un celebre adagio che ha cavalcato la storia del centrosinistra nelle elezioni politiche.
Nel frattempo qualcuno pare che all’interno del PD si lavori già per sostituire il Segretario.
Sempre Roma, lo scenario è quello della famosa terza camera dello Stato, il salotto di Porta a Porta. Giorgia Meloni ribatte, nella giornata in cui il suo principale avversario ha lanciato la campagna elettorale del PD, con l’intervista sul primo canale nazionale nel programma condotto da Bruno Vespa.
L’esordio dell’intervista è una domanda sul chiacchierato scatto di Cernobbio con Giorgia Meloni con le mani nei capelli accanto a Salvini. La scena è sicuramente iconica ed è la rappresentazione plastica delle fatiche della leader di Fratelli d’Italia intenta in queste settimane ad affrancarsi come leader credibile della coalizione e a contenere le istrioniche uscite dei compagni di coalizione Salvini e Berlusconi.
I toni sono quelli che ha tenuto da quando ha iniziato la campagna elettorale: istituzionale, pacata, con il tentativo di attirare il voto moderato ingolosito dalla proposta del terzo polo. È in vantaggio ma ha paura di incorrere nella famosa metafora della lepre e la tartaruga: sa che può vincere ma è cosciente del rischio che questo gli si potrebbe ritorcere contro.
La Presidente di Fratelli d’Italia critica la demonizzazione sulla sua persona partita dall’evento di Piazza Santi Apostoli di poco prima, ma il vero obiettivo dell’intervista è quello di vincere la campagna interna grattando il consenso a Lega e Forza italia.
Il gioco di Letta e Meloni è quello degli amici-nemici, un gatto e il topo che si rincorrono si inseguono, si criticano aspramente, ma entrambi perseguono i loro propri fini: capitalizzare il loro consenso per guadagnare le leadership del proprio elettorato. È proprio questa la grande arma dei due principali competitor di questa campagna elettorale: giocare sullo scontro tra di loro per eclissare gli altri partecipanti alle elezioni. Meloni stringe la coalizione attorno a sé nell’ottica di puntare ad essere il primo partito, mentre Letta fa campagna sull’elettorato del terzo polo e 5 stelle per recuperare un po’ di consenso nei confronti di Fratelli d’Italia.
Forse più che a uno scontro, allora, ci avviciniamo, anche se a loro insaputa, ad un tandem, una pedalata verso il 25 settembre dove Letta e Meloni sperano di uscirne vincitori o quanto meno salvi, in primis dagli alleati e dai compagni.